Berlusconi grillino?
Il problema di Salvini. Costruire una maggioranza con Di Maio e il Cav. Dicono in FI: “Anche noi al governo”
Roma. Difficile sapere cosa pensi davvero Silvio Berlusconi perché se parla, quando parla, il Cavaliere da tempo lo fa attraverso interviste, inviate per email ai giornali, in cui non è lui a rispondere, ma un manipolo di fidati collaboratori e assistenti, tra cui i deputati Andrea Orsini, Alberto Barachini e ovviamente Licia Ronzulli. Il Sovrano di Arcore alla fine ovviamente riguarda, rilegge quello che gli viene attribuito. Ma il risultato è privo delle sfumature, dei doppi sensi, delle gaffe e dell’ironia che talvolta Berlusconi dava alle sue interviste. E insomma in questa fase il Cavaliere fa come Luigi Di Maio, quando si avvale via email delle risposte di Rocco Casalino. Così, mentre Berlusconi invia ai giornali questi comunicati in cui spiega che senza di lui non ci può essere un governo Lega-M5s, tra i suoi deputati e senatori avanzano interrogativi: ma come si fa a stare con i grillini?
E la domanda, ovviamente, allo stesso tempo, già se la fanno, e con scandalo, pure i grillini: come si fa a stare in maggioranza con Berlusconi, il Caimano pregiudicato per il quale ieri è stato chiesto il rinvio a giudizio nel processo Ruby-ter? Un bel problema, per Matteo Salvini e per Luigi Di Maio. Forse un po’ meno per lui, il Cavaliere, che ieri ha deposto a Reggio Calabria nel processo Matacena, e poi è rientrato subito a casa, in un’atmosfera rarefatta che pare quella dell’Eliso o d’un altro luogo fuori dal mondo: ha già incassato la presidenza del Senato con i voti del Movimento cinque stelle che hanno issato Maria Elisabetta Alberti Casellati sullo scranno più alto di Palazzo Madama, e adesso assiste a queste pre-consultazioni tra Lega e M5s, forse sorridendo dell’occasione insperata di essere al centro dei giochi proprio quando tutti lo davano per finito.
Ci vorrà almeno un mese, e bisognerà anche vedere a chi, tra Salvini e Di Maio, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella darà l’incarico. Ma i contatti tra i due partiti, M5s e Lega, sono già iniziati, e Berlusconi appare, agli occhi di questi suoi potenziali alleati di governo, come l’ingombrante necessario. Infatti Salvini non ha soltanto bisogno del Cavaliere, ma deve anche poter contare sulla fedeltà e sull’amicizia dei parlamentari berlusconiani, che non possono essere maltrattati né umiliati, tenuti fuori come avessero la lebbra. Dunque il segretario della Lega non può mollare Forza Italia, e non può nemmeno prescindere dal Cavaliere. Mentre Di Maio, con la posizione a braccia conserte assunta dal Pd a maggioranza renziana, non trova da nessun’altra parte sponde altrettanto ben disposte di quelle di Salvini e del centrodestra. Così, per proprietà transitiva, se Salvini non può mollare Berlusconi e Di Maio non può mollare Salvini, è evidente che Forza Italia e M5s sono a un passo dal sedere nella stessa maggioranza parlamentare.
Ma qui s’ingarbuglia la matassa, e cominciano i problemi. Gli ambasciatori del M5s, per quel poco che se n’è parlato, hanno ipotizzato che Forza Italia possa esprimere degli eventuali ministri (o sottosegretari) “d’area”. Insomma dei tecnici, al massimo. Cosa che ha già mandato ai pazzi mezzo gruppo parlamentare berlusconiano del Senato e della Camera. Come dice uno degli uomini più vicini al Cavaliere, con tono di aperta rivendicazione: “Se ci sarà un governo, ci staremo dentro. E ci staremo a pari condizioni della Lega e del M5s. O tecnici per tutti, o politici per tutti”. D’altra parte gli ambasciatori della Lega, a cominciare da Giancarlo Giorgetti, ma pure lo stesso Salvini, sanno benissimo che scontentare Forza Italia, maltrattare il ceto politico berlusconiano, potrebbe innescare imprevedibili forze centrifughe. E inoltre Salvini vagheggia di assorbire Forza Italia – il fenomeno della migrazione è un po’ iniziato nelle province – tutta una manovra che non si fa solo di prepotenza, con la forza dei numeri, o in grazia di una legge elettorale che premia la lista. Si tratta di un’operazione lenta, graduale, che va fatta con il consenso della vittima.
Si torna così al punto di partenza: che pensa e che gioco fa Berlusconi? “Se fosse una partita a poker potremmo dire che va a vedere”, spiegano i suoi, che danno una visione ottimistica, certo di parte, eppure anche convincente. Se il Cavaliere piazza degli uomini anche al governo, dopo la presidenza del Senato, fa una specie di en plein: sarebbe un’insperata e quasi incredibile vittoria berlusconiana dentro la vittoria elettorale del M5s. Se il governo si fa con dei tecnici, è anche questa una vittoria, sebbene smorzata, che in più tuttavia darebbe la possibilità al Cavaliere di giocare, in caso, agilmente e al momento opportuno, la carta del disimpegno, come accadde ai tempi del governo di Enrico Letta. E se infine Di Maio rifiutasse categoricamente qualsiasi forma di rappresentanza di governo per Forza Italia, e Salvini dovesse accettare il veto, ecco che Berlusconi avrebbe armi e argomenti per respingere l’Opa di Salvini sul suo partito.