Renato Brunetta (foto LaPresse)

“Ma Salvini non comanda il centrodestra”, ci dice Brunetta

Redazione

“Il leader della Lega tratti Forza Italia e Berlusconi con rispetto. Non lasciamo l’iniziativa a Di Maio”

Roma. “Come sempre Berlusconi ha la capacità di stupire, soprattutto quando tutti lo pensano nell’angolo”, dice al Foglio il professor Renato Brunetta, già presidente dei deputati di Forza Italia e tessera numero 2 della nuova Forza Italia del 2013. D’altronde, “mai sottovalutare Berlusconi o darlo per morto anzitempo. Quelli che l’hanno fatto non sono sopravvissuti a lungo per raccontarlo”. Uscendo dalle consultazioni con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il leader di Forza Italia ha letto una pagina che, “se analizzata in maniera attenta e puntuale, non solo dà la linea di Forza Italia ma fa saltare tutti i piani più o meno occulti che da dentro e fuori la coalizione di centrodestra qualcuno aveva pensato di costruire alle spalle del nostro leader. Io ho individuato una decina di punti che, se letti in maniera sintetica, rappresentano bene le condizioni, come le chiama lo stesso Berlusconi, per andare avanti. Senza quelle condizioni, salta tutto”. Anzitutto, dice Brunetta al Foglio, c’è una questione di urgenza. “Altro che tempi lunghi e snervanti: Berlusconi richiama l’urgenza di affrontare i problemi che riguardano gli italiani, contro i barocchismi, i tatticismi, gli opportunismi e i giochetti da Prima Repubblica”. In secondo luogo, osserva Brunetta, ci sono i temi programmatici. “Il lavoro, la disoccupazione giovanile, la povertà, il divario nord-sud, l’oppressione burocratica e giudiziaria, la riduzione della spesa pubblica, la sicurezza, la presenza di troppi clandestini nel nostro territorio. Tutti temi che Berlusconi evoca e che sono nell’interesse degli italiani”. Per realizzarli però, aggiunge Brunetta, serve un “governo fondato su un programma coerente, in grado di lavorare in tempi adeguati. Non è sufficiente un governo a termine”. Il governo dunque non può che essere espressione di chi ha vinto le elezioni, dice Brunetta. Cioè “la coalizione di centrodestra, senza se e senza ma, guidata dal leader della forza politica più votata della coalizione, cioè la Lega”.

 

“Ed è da qui che il leader del partito più votato va a cercare le alleanze e le convergenze per trovare i numeri necessari a costruire una maggioranza, secondo gli articoli 92 e 94 della Costituzione. Sempre Berlusconi indica un passaggio importantissimo. Queste alleanze si fanno attraverso accordi chiari con altri soggetti politici. Purtroppo, come osserva sempre Berlusconi, in questo scenario politico inedito ha prevalso il malcontento, la protesta, la delusione. Noi però non siamo disponibili a soluzioni di governo nelle quali prevalgano l’invidia, l’odio sociale, il pauperismo e il giustizialismo. Anche perché un siffatto governo metterebbe in difficoltà il nostro paese in Europa, innescherebbe una spirale recessiva, provocherebbe una fuga di capitali e fallimenti a catena a partire dal settore bancario. Un governo di pauperisti e giustizialisti porterebbe alla distruzione del paese. Siamo invece disponibili a un governo di alto profilo, altro che tecnici di area o appoggi esterni, con Forza Italia foglia di fico di un accordo Lega-Cinque stelle. L’Europa d’altronde non perdonerebbe il populismo, l’improvvisazione e il dilettantismo, come ha detto sempre Berlusconi, annunciando il de profundis per inciuci più o meno espliciti. Che dire? Il discorso di Berlusconi è stato perfetto e tutta Forza Italia non solo si riconosce nelle sue parole, ma dovrebbe formalizzare il documento con un voto dei gruppi parlamentari e dell’ufficio di presidenza, massimo organo esecutivo del partito, per far proprio nella maniera più formale e più piena questo tipo di posizionamento”.

 

Insomma, dice Brunetta, “ancora una volta Berlusconi, contravvenendo alla vulgata dei giorni scorsi, ha interpretato al meglio il sentimento di tutta Forza Italia e noi non possiamo che essere con lui”. Ma quindi sarebbe possibile, pur partendo dal centrodestra, un governo con i Cinque stelle? “Mi pare che le parole di Berlusconi siano chiarissime. Serve una maggioranza in Parlamento, come previsto dalla Costituzione. Aggiungo una considerazione: questo lavoro per cercare le intese non lo deve fare il M5s, ma il centrodestra. Se c’è un’autocritica da fare al centrodestra è che dopo le elezioni non ha preso l’iniziativa di porsi al centro del quadro politico per fare quello che richiede la Costituzione e quindi il presidente Mattarella: le intese per formare il nuovo governo. Purtroppo la leadership plurale del centrodestra ha lasciato troppo spazio a Di Maio. Uno spazio che oltretutto è fuori dalla Costituzione e fuori dalla legge. Perché i dialoghi e i colloqui con le altre forze politiche, naturalmente senza veti, li deve fare il centrodestra senza lasciare l’iniziativa a Di Maio. Perché se ha vinto il centrodestra – e il centrodestra ha vinto – deve essere il centrodestra la base, il pivot, per trovare la maggioranza e fare il governo. Non Di Maio. Questo è stato un errore sul quale il centrodestra deve fare immediata autocritica”.

 

E’ un rimprovero a Matteo Salvini per essere stato troppo intraprendente a titolo personale? “Io l’ho detto attirandomi qualche strale: Salvini è il leader del partito che all’interno del centrodestra ha preso più voti e, secondo le regole che ci eravamo dati, doveva essere per questo indicato come il leader del governo, cosa che è puntualmente avvenuta. Lo dico senza alcuna acrimonia. Però Salvini non è il leader del centrodestra: è il presidente incaricato da parte del centrodestra per fare il governo e non è stato deciso da nessuno, se non da Salvini, il veto sul Pd”. Che il M5s abbia la pretesa di formare il governo solo perché è il primo partito dopo l’esito elettorale “non ha alcun senso né costituzionale né in base alla legge elettorale, che premia le coalizioni. La coalizione ‘singolare’ del M5s ha perso, così come hanno perso la coalizione plurale del centrosinistra e l’agglomerato della sinistra a sinistra del Pd, cioè Leu. Il centrodestra ha vinto e ha però subìto l’iniziativa di chi pensa che il mondo tolemaicamente giri attorno alla coalizione ‘singolare’ del M5s. Bene dunque questa pausa di riflessione, se serve a rimettere le cose a posto”. E qui Brunetta lancia un nuovo altolà a Salvini. “Non sta scritto da nessuna parte che se un esito elettorale non piace si debba fare il ballottaggio tra quelli che si autoproclamano vincitori. Non sta scritto nella Costituzione né nella legge elettorale. Se il duo Salvini-Di Maio pensasse a una simile exit strategy – facciamo un accordo per qualche mese e poi andiamo a elezioni l’un contro l’altro per avere il giudizio di Dio con un ballottaggio, asfaltando i grillini il Pd e la Lega Forza Italia – questo non solo è contro la Costituzione e contro la legge elettorale, ma è contro il paese. Non credo che il presidente Mattarella consentirà questa deriva spericolata. Torniamo al centrodestra unito e di governo. Torniamo al rispetto reciproco, alla pari dignità. Questa è la miglior risposta che si può dare alle emergenze. Anche perché non c’è molto tempo davanti. Ci sarà un G7 a metà maggio e a fine giugno ci sarà un Consiglio europeo dei capi di stato e di governo fondamentale per il futuro dell’Europa”.

 

Il centrodestra, aggiunge Brunetta, “deve costruire un Def che non può non contenere un piano nazionale delle riforme. Quella sarà la base dei giudizi che l’Europa darà su di noi. Un mini-Def sarebbe un suicidio. Il 28 e 29 giugno al Consiglio europeo si dovranno dare pareri definitivi sul completamento dell’Unione bancaria. Ne va della vita e della sopravvivenza delle nostre banche. Ci sarà la decisione sul ministro delle Finanze europeo, sul quale l’Italia nutre grandi dubbi. Ci sarà l’orientamento finale sulla trasformazione del fondo salva Stati in Fondo monetario europeo, con tutte le conseguenze del caso, e ci saranno decisioni sulle politiche di accoglienza, migrazione e asilo che tanto hanno destabilizzato l’Europa del Sud. Soprattutto l’Italia. E come si arriva a questa scadenza? Anche questi temi sono stati evocati nelle parole auree di Berlusconi: ci si deve arrivare con un posizionamento dell’Italia credibile, serio, non certamente populista o banalmente sovranista”.

 

Ma secondo Brunetta è possibile che queste leadership plurali divengano una cosa sola e che nasca un nuovo partito unico di centrodestra? “Le leadership plurali o rimangono tali o possono evolvere verso forme organiche di rassemblement. Io non sono lontano dal pensare a questa evoluzione. Ma richiede tempo, cura, rispetto, attenzione, capacità di mettere insieme culture e sensibilità politiche. E poi su quale baricentro internazionale? Su Le Pen o Partito popolare europeo? Non si scappa. Comunque, questi percorsi si fanno con il consenso, non con gli strappi. Non con Opa ostili, non con logoramenti come quelli che si sono avuti in Friuli o con forzature come quella fatta dalla Lega sulla presidenza del Senato. Dopo la generosa disponibilità di Berlusconi nei confronti di Attilio Fontana in Lombardia in seguito alla non ricandidatura di Roberto Maroni, gli accordi erano stati chiari e prevedevano che il Friuli dovesse spettare responsabilmente, onestamente, correttamente a un esponente di Forza Italia. Così però non è stato, di veto in veto, di strappo in strappo. Ecco, quello del Friuli non è un esempio di costruzione di un soggetto politico unitario, ma è un esempio di Opa ostile. Così come lo è il cattivo pensiero di aspettare gli esiti delle elezioni nelle due regioni a fine mese per perfezionare o chiudere l’asse Lega-Cinque stelle. Questo non è il viatico migliore per la costruzione di un soggetto unitario. Io vorrei che nella coalizione plurale e nella leadership plurale del centrodestra vigesse la cultura del rispetto, dell’ascolto e della pazienza che Berlusconi ha dimostrato dal 1994 a ieri, quando era Forza Italia il partito leader. Ci ricordiamo tutti il rapporto tra Berlusconi e Bossi, il lunedì con le cene di Arcore. Ci ricordiamo tutti il peso e la dignità all’interno del centrodestra della Lega che pure allora contava a livello nazionale tra il 4 e il 7 per cento, contro Forza Italia che era tra il 25 e 30 per cento. Ciononostante in quei momenti la Lega poteva contare sul governo del Veneto, della Lombardia e del Piemonte. Ricordiamo tutti il ruolo politico, istituzionale e programmatico della Lega all’interno dei governi Berlusconi e il rispetto che Berlusconi manifestava nei confronti della Lega, quando valeva un settimo di Forza Italia. Salvini dovrebbe avere nei confronti degli altri partner il rispetto che Berlusconi aveva nei confronti della Lega di Bossi e Maroni. Fuori dallo stile e senza pari dignità non esiste un centrodestra unito”.

 

Quindi c’è il rischio che il centrodestra si sfasci? “Io sono il più grande fautore del centrodestra unito di governo. Per primo ai tempi difficili del patto del Nazareno, io contrapponevo al Nazareno un centrodestra unito di governo con il cosiddetto quadrifoglio: Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia più il quarto petalo del civismo. Mi sono battuto contro il Nazareno per far vincere il centrodestra unito e l’ho portato a far vincere il referendum costituzionale contro la gioiosa macchina da guerra di Renzi. E’ finita 60 a 40. Ho lavorato al programma di centrodestra unito, di cui ho fatto il redattore capo costruendo i dieci punti che abbiamo presentato in maniera vincente agli elettori e ottenendo oltre il 37 per cento. Di buon grado ho accettato dopo il fallimento della proposta di modello tedesco di accedere, non senza dubbi, al Rosatellum, che perfezionava e sanciva il centrodestra unito di governo, visto che il Rosatellum premia le coalizioni e pensavamo così che si potesse costruire un bipolarismo virtuoso. Insomma io sono stato il più grande fautore del centrodestra unito. Solo però con le condizioni ben riassunte da Berlusconi nel suo documento al Quirinale, che io ho condiviso”.

 

Insomma servono pari dignità, insiste Brunetta. “Perché un partito che ha tre punti in più di Forza Italia non può pretendere di fare un’Opa ostile gratuita nei confronti di un movimento di popolo nazionale come il nostro. Lo dico con amarezza e rammarico. Però la possibilità che il centrodestra si sfasci non la metto nel novero delle possibilità. A chi gioverebbe? Sarebbe masochismo puro. Nessuno all’interno del centrodestra però può decidere per il suicidio assistito di un partner come Forza Italia o Berlusconi. Ci sarebbe la rivolta. Ma se anche ci fosse un’Opa ostile, la coalizione non resterebbe al 37 per cento e vedrebbe una reazione degli altri partner. Comunque, se la Lega lo facesse, si ritroverebbe con un pugno di mosche e sarebbe il socio di minoranza del M5s. Siccome io credo alla totale intelligenza e alla buona fede di Salvini, penso che questo scenario sia assolutamente non percorribile”.

 

Quindi si torna al voto? “Nessuno deve avere paura del voto. Se qualcuno pensa di usarla come minaccia contro Berlusconi e Forza Italia, sappia che tutta Forza Italia sta con Berlusconi. Non abbiamo paura di tornare a votare”. Le aperture filo-leghiste di Giovanni Toti la spaventano? “Io ho letto le dichiarazioni di Toti e le ho giudicate assolutamente condivisibili. Persino lui che in tempi non sospetti aveva prefigurato il rassemblement si è dichiarato contrario ad accelerazioni, a Opa ostili e a processi che sviliscano o comprimano la pluralità dell’offerta politica del centrodestra. Se persino Toti si è detto indisponibile significa che tutta Forza Italia si riconosce nelle parole di Berlusconi all’uscita dall’incontro con Mattarella. Per questo, insisto, vorrei che la pagina mirabile di Berlusconi venga votata dai gruppi parlamentari e dall’ufficio di presidenza di Forza Italia e che diventi la stella polare. Come avrebbero fatto i romani, bisogna tagliare i ponti dietro alle spalle per andare avanti. Indietro non si torna”. Salvini propone una delegazione unica del centrodestra al secondo giro di consultazioni. Lei che ne pensa? “Perché no? Io sono d’accordo con Berlusconi, purché la linea sia quella espressa dai suoi dieci punti. In caso contrario sarebbe un’inutile ipocrisia, un’inutile retorica”.