Lo scivolone “a bocca aperta” di Fazio
Il "pronunciamiento" di Di Maio e la Rai che dimentica cosa vuol dire istituzione
Dibba telefona a Giletti e l’“Arena” fa un grande balzo in avanti di ascolti, molto più di quello che ha guadagnato Fazio passando in diretta la telefonata in stile pronunciamiento sudamericano di Di Maio. Quindi no, siccome alla Rai il fatto loro lo sanno, non è stata una scelta per acchiappare un po’ di share. Inoltre, La7 non è servizio pubblico, fa capo a un editore privato. E’ stata allora una scelta giornalistica? Lo fu la telefonata in diretta di Giovanni Paolo II a “Porta a Porta” (allora i papi col cellulare non usavano). Questa, nel bel mezzo di una crisi politica e istituzionale, senza contraddittorio (poi è arrivato Martina, va bene, ma “poi”) e con il pubblico che non per forza doveva essere già informato di quanto stava avvenendo nel palazzo politico, sarebbe una scelta, dal punto di vista giornalistico, non proprio illuminata.
Diventare la quarta camera della Repubblica, a imitazione della terza di Vespa, non è un mestiere facile, e non si addice a Fabio Fazio. Un parlamentare che rappresenta il 32 per cento, e che a telefono aperto minaccia la messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica, non è un bel sentire: ci sarebbe voluta la dose di mestiere necessaria a zittirlo, o arginarlo. E’ stato dunque uno scivolone politico? C’è chi ha commentato che si è trattato di “una delle pagine più nere che il servizio pubblico abbia mai offerto” e di “asservimento”. Affermazioni un po’ esagerate. Probabilmente domenica sera, ai piani alti della Rai, c’è stata molta agitazione e parecchia approssimazione. E, indubbiamente, la storica incapacità dell’informazione Rai di concepirsi come istituzione e come patrimonio comune ditutti i cittadini. Che non sono la vox populi e nemmeno l’audience di “A bocca aperta”.