Il partito +Europa e il vuoto tutt'intorno

Redazione

Bene la nascita di una sigla anti sovranista. Però servirebbe un rassemblement

Il 4 marzo scorso +Europa aveva solo sfiorato il quorum del 3 per cento. Ma la coesione delle idee, che a volte nei grossi partiti manca quando mancano i risultati, nel soggetto politico nato da Forza Europa, Radicali italiani e Centro democratico tiene. Così +Europa ha deciso di trasformarsi in un vero partito politico, aperto ai cittadini e con una organizzazione di club sul territorio per essere pronto, previo congresso, a presentarsi alle europee del 2019. Con l’obiettivo di un risultato un po’ più corposo, in cui confida Benedetto Della Vedova, coordinatore del neo partito. La notizia è positiva – le idee europeiste, di società, mercati e confini aperti fanno solo bene all’Italia e un partito che metta a programma il contrario del grillismo-populismo è un segnale inviato anche al resto della politica, incerta e bloccata. Allo stesso tempo, per chi militi idealmente nel fronte europeista che si oppone al sovranismo, ai dazi, all’uscita dall’euro e dagli accordi internazionali, la nascita del partito +Europa è – paradossalmente – una notizia non così buona. Perché, da un lato, si presenta come un partito con una massa critica troppo piccola per poter battere le orde populiste. Ma dall’altro, soprattutto, segnala in filigrana l’incapacità degli altri di interagire con le buone idee di Della Vedova e soci, di cercare un percorso, un rassemblement, una massa elettorale comune. Vale per l’ex centrodestra; ma vale ancora di più per il litigioso Pd, che non riesce a dialogare con i Calenda, i Della Vedova e gli altri europeisti al momento sparsi, per stare appresso alla caciara di politicanti come Michele Emiliano.