Il Piano A di Savona è il Piano B
Perché tutte le strade per uscire dall’euro partono dal ministro per gli affari europei
Paolo Savona, messo nel cassetto per ora il piano B di uscita dall’euro, propone un “piano A” per “guarire i mali dell’Europa”; in realtà per finanziare le non promesse scoperte del governo gialloverde. Il primo, disvelato alla Verità, è puro come l’uovo di Colombo: utilizzare il surplus dell’export italiano, 50 miliardi, il 2,7 del pil, per attivare investimenti di pari importo. “Se ne ricaverebbe una crescita di ricchezza il cui gettito fiscale coprirebbe la quota parte di spese correnti per flat tax, salario di cittadinanza e revisione della legge Fornero”. Insomma, secondo il ministro degli Affari europei, l’Europa dovrebbe contabilizzare l’incidenza sul pil di proventi privati (l’export) per consentire investimenti pubblici in deficit le cui ricadute finanzierebbero le promesse leghiste e grilline. Problemi? Nessuno: “Solo la cadenza temporale dell’operazione non la capacità di attuarla”. Savona non arriva a dire che gli incassi da export, privati appunto, andrebbero direttamente impiegati per investimenti statali utili non per se stessi ma per coprire gli impegni pentaleghisti. Se lo dicesse “sarebbe un esproprio” dice all’HuffPost Francesco Daveri, economista della Bocconi, per il quale l’idea “resta da economia socialista, dove le imprese sono tutte dello stato”. Daveri nota comunque che Savona utilizza voci non commisurabili, gli avanzi di parte corrente e i finanziamenti in conto capitale, da cui ricavare altre coperture di parte corrente. “Ma soprattutto” dice Daniel Gros, direttore del Centre for European Policy Studies “a quali soldi si riferisce Savona? Italiani o europei? Pubblici o privati?”.
Se l’idea è invece che l’Italia dovrebbe azzerare il surplus commerciale facendo deficit, ci troveremmo in una situazione davvero paradossale, come ha notato Michele Boldrin, economista alla Washington University di St. Louis. Per anni si è detto che la ricca e perfida Germania doveva spendere di più per ridurre il suo surplus commerciale e trainare la domanda italiana, ora si punta a fare il contrario: l’Italia dovrebbe trainare l’export tedesco, e a debito!
C’è poi anche un’altra proposta, nel piano A, e prevede che la Bce venga dotata del potere di agire sui cambi svalutando l’euro, nonché di fare da prestatore di ultima istanza. Strano che il ministro Savona non veda che quest’ultimo lavoro l’Eurotower lo ha fatto con il Quantitative easing, mentre ha già la possibilità, con il piano Omt, di acquistare titoli a breve di paesi che non riescano a piazzarli sul mercato (l’Omt non è mai stato attivato, anche se Savona lo confonde con il Qe). Ma se l’idea è di mettere sul tavolo una riforma della Bce e dell’Eurozona che implichi garanzie e trasferimenti incondizionati e permanenti verso l’Italia, è verosimile che la risposta dei partner sarà negativa. A quel punto che si fa? Si ritorna al piano B, di Italexit. Per mandare a gambe all’aria un paese ad alto debito come il nostro non c’è bisogno di un cigno nero, basta questo gioco dell’oca.