Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Di Maio spiegato a Di Maio

Redazione

Il governo è “ricattabile” dai mercati per quello che soprattutto non fa

Luigi Di Maio, bontà sua, non ha dubbi. “Non credo che avremo un attacco speculativo”, dice. Di più: “Io non vedo il rischio concreto che questo governo sia attaccato, è più una speranza delle opposizioni”, aggiunge, forse dimentico che tra i più autorevoli agitatori del complotto demoplutocratico ci sia il suo collega di governo Giorgetti. Non basta. “I provvedimenti fondamentali del contratto li faremo col massimo rispetto degli equilibri di bilancio, ma anche chiedendo all’Europa di farci fare le riforme che ci permetteranno di abbattere il debito pubblico”, sentenzia, tetragono ai colpi dello spread (e, viene da dire, del pudore). E per carità, si potrebbe dire pure liquidare la sequela di parole in libertà concesse dal vicepremier grillino al Corriere come il frutto della canicola ferragostana, e chiuderla lì. Ma anche a volere sforzarsi nel non prenderlo troppo sul serio, a un certo punto un sobbalzo di timore lo si trattiene a stento. E cioè quando Giggino dice che “se qualcuno vuole usare i mercati contro il governo, sappia che non siamo ricattabili. Non è l’estate del 2011 e a Palazzo Chigi non c’è Berlusconi, che rinunciò per le sue aziende”. Ora, al di là del fatto che non si capisce cosa sia, esattamente, ciò a cui il Cav. rinunciò nel 2011 (a dichiarare guerra alla Bce? Ad attaccarsi mani e piedi alla poltrona di Palazzo Chigi?), quello che viene da sperare è che Di Maio capisca in fretta che l’eventuale “ricattabilità” di un governo esposto alla speculazione dei mercati non sta nei pericoli che corrono le aziende di un premier, ma nei risparmi e negli investimenti dei cittadini. E di certo, le dichiarazioni strampalate di un vicepremier non fanno che aumentare il rischio-paese: e rendere i governi, volenti o nolenti, più ricattabili.