La democrazia diretta da Davide Casaleggio
Con un post sul sacro blog il figlio di Gianroberto rilancia la propaganda della partecipazione senza deleghe. Ma dimentica tutti i limiti del sistema Rousseau
Davide Casaleggio torna a parlare del futuro della democrazia e lo fa con un lungo post sul blog delle stelle. Se è vero che i cambiamenti non si possono arrestare, dice il figlio del fondatore del M5s, allora neppure la partecipazione dei cittadini alla vita politica può più fermarsi, ora che grazie al Movimento 5 stelle e alla piattaforma Rousseau il processo si è messo in moto.
Democrazia non è solo esercitare il diritto di voto, dice Casaleggio, ma "avere la libertà di poter immaginare un mondo nuovo e di provare a costruirlo", come già fa chi usa Rousseau, che "non è una moda passeggera". Così, riprendendo quanto detto qualche mese fa a proposito dell'inutilità del Parlamento, Casaleggio si cala di nuovo nel ruolo del profeta e afferma che "la democrazia diretta e partecipata è il futuro". Scegliere i propri candidati, definire il programma di governo insieme, decidere cosa finanziare, proporre e partecipare alla definizione delle leggi, ampliare la propria conoscenza, sono tutti esempi usati nel post per dimostrare la tesi del suo ragionamento. Eppure proprio alcuni di questi obiettivi professati dal Movimento si sono rivelati illusioni più che risultati raggiunti davvero in questi due anni dalla nascita della piattaforma. Basta ricordare alcune vecchie cronache per dimostrare i limiti del modello progettato da Gianroberto Casaleggio e il racconto distorto della realtà proposto agli iscritti.
La democrazia è scegliere i propri candidati. Il post ricorda le 72 le votazioni indette per scegliere i candidati premier, il presidente della Repubblica e tutti i rappresentati del movimento a più livelli. Una possibilità che però gli elettori esercitano da prima che esistesse Rousseau e anche al di fuori di internet: i banchetti del Pd ne sono un esempio, ma come le elezioni sul blog delle stelle si limitano a far sì che si converga su un nome da proporre e non permettono di scegliere i propri rappresentanti. I grillini proposero Milena Gabanelli come presidente della Repubblica, poi Gino Strada e infine Stefano Rodotà, ma come sappiamo a vincere le consultazioni parlamentari è stato poi Sergio Mattarella, perché in democrazia non decide una sola forza politica. L'elezione di Luigi Di Maio come candidato premier, poi, si è rivelata una consultazione farlocca vista l'assenza di sfidanti (dalla pubblicazione delle regole, i candidati avevano solo tre giorni di tempo per proporsi) e la scarsa partecipazione (poco più di 37mila voti sui 140mila aventi diritto). Insomma, le Luiginarie non sono state un brillante esempio di trasparenza e infine non sono state decisive, dal momento che premier del governo gialloverde è diventato poi Giuseppe Conte, un nome tirato fuori dal cappello "nelle stanze della politica" di concerto con i vecchi partiti.
La democrazia è definire il programma di governo assieme. Come già dimostrato dal Foglio, alcuni dei documenti sottoposti al voto degli iscritti sono stati modificati dopo essere stati approvati attraverso le consultazioni online. E' successo con il programma Esteri, che è stato ammorbidito rispetto alle posizioni filo russe e anti atlantiche, ma anche con il programma Lavoro, bonificato del capitolo sui "Sindacati senza privilegi". Dopo le votazioni sono stati inoltre aggiunti altri quattro programmi mai votati dagli iscritti (Smart Nation, Sport, Editoria e Unione Europea).
La democrazia è proporre una propria proposta di legge. Nulla di nuovo, non è con Rousseau che le leggi di iniziativa popolare sono state introdotte. Come sappiamo la nostra Costituzione prevede già la possibilità di presentare proposte legislative se supportate da 50.000 firme, così come referendum abrogativi.
La democrazia è formarsi. Il riferimento non è alla scuola pubblica o a un corso (probabilmente più utile, di questi tempi) per non cascare nei tranelli della rete, magari riconoscendo le fake news per fare scelte consapevoli. Casaleggio va fiero dell'educazione dal basso che il M5s promuove dal 2016, mettendo a punto delle video lezioni a cui si accede tramite un'applicazione. Lo scopo è "diventare una comunità che apprende grazie alle esperienze già acquisite da chi è dentro le istituzioni da più anni", cinque moduli da tre lezioni l'uno rivolto a semplici iscritti e agli eletti, per imparare, ad esempio, "come si formula un'interrogazione a risposta scritta, come si legge un bilancio di un comune". Il post ricorda poi poi gli Open Day Rousseau e il Villaggio Rousseau di Pescara, ma inquieta pensare che per la Casaleggio associati l'ambizione sia quella di puntare all'indottrinamento invece che all'istruzione.
Oltre a tutto questo, il guru della democrazia diretta per via digitale dimentica qualche altro problema. Dalla gestione dei dati degli iscritti, alla verifica dei procedimenti di voto, la trasparenza è proprio l'aspetto più critico della piattaforma Rousseau, vulnerabile e già più volte hackerata. Con il risultato che anche la rete nasconda le sue stanze dei bottoni, dove decide solo un cerchio ristretto. Una democrazia diretta, sì, ma dalla Casaleggio Associati.