Davide Casaleggio (foto LaPresse)

Il fiato della Casaleggio Associati sul collo

Redazione

In Veneto i dissidenti grillini filmati da un consigliere. Stalinismo a cinque stelle

In origine, almeno secondo la retorica millenaristica, era lo strumento che avrebbe smascherato la Casta, esibendo al pubblico ludibrio le sue private sconcezze, consumate nel segreto delle stanze del Palazzo. Era il tempo dell’operazione “fiato sul collo”, dei “cittadini con l’elmetto” che s’intrufolavano nei Consigli comunali di tutt’Italia e riprendevano ore e ore di sedute nell’attesa dell’inciampo del politico di turno. E invece domenica a imbracciare la telecamera – anzi, due: una tradizionale e una panoramica, ché non si sa mai, riferiscono le cronache meglio informate – è stato Simone Scarabel, consigliere regionale veneto del M5s. Lo ha fatto durante un’assemblea di attivisti convocata a Salzano, in provincia di Venezia, convocata da militanti e portavoce locali assai critici verso il nuovo corso del Movimento.

 

In platea una cinquantina di grillini, perlopiù affezionati ai valori e agli umori delle origini; oltre tre ore di dibattito accanito, con interventi quasi tutti critici nei confronti dell’alleanza di governo con la Lega, del cedimento sulle grandi opere (Pedemontana in primis), della deriva verticistica del Movimento. E Scarabel lì, seduto in prima fila, a rappresentare l’apparato casaleggian-dimaiano, che ha ripreso ininterrottamente tutti i monologhi dei dissidenti. “E’ per evitare che sui giornali poi vengano riportate cose non veritiere”, si è giustificato lui. Fedelissimo di Jacopo Berti, il capataz di Di Maio a Palazzo Ferro Fini, resosi noto in passato soprattutto per avere chiesto la cancellazione di una multa per eccesso di velocità su carta intestata del M5s, Scarabel incarna, con le sue telecamere in mano, lo stalinismo insito nel grillismo, la naturale evoluzione del suo furore moralistico. Era nata per sbugiardare i potenti, l’ingenua ossessione della trasparenza: è finita per essere un’arma a protezione delle gerarchie di un Movimento che, sul territorio, vede i suoi dirigenti fondare la propria forza sulla delazione e sulla fedeltà cieca, servile, verso i capi.

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