Marco Minniti e Nicola Zingaretti (foto LaPresse)

Ai renziani non tornano i sondaggi che danno Zingaretti vincitore alle primarie

Redazione

Perché Renzi non è affatto convinto della candidatura di Minniti

Marco Minniti è dietro Nicola Zingaretti in tutti i sondaggi eppure al Pd sono convinti che alla fine sarà l’ex ministro dell’Interno a vincere la disfida delle primarie. Ma perché? E’ presto detto. Si calcola che questa volta nei gazebo andranno al massimo in settecento, ottocentomila, cioè la metà dei votanti alle scorse consultazioni, in cui la partecipazione non era comunque altissima. Essendo quella la cifra, ragionano al Nazareno, sarà facile per i renziani, che ancora controllano saldamente in partito non solo a livello centrale ma anche sul territorio, fare in modo che Minniti vinca.

 

Però lo stesso ex ministro non è affatto convinto. Minniti, che sta facendo resistenza con i suoi sostenitori, perché, al contrario di tutti gli altri candidati, non sta sui social e non vuole esserci, è ben più dubbioso circa l’esito della sua avventura politica. E a ben vedere quella di Minniti non è tattica. Lui, come molti altri Big del Partito democratico, sa bene che Matteo Renzi la settimana scorsa ha provato a far scendere in campo Teresa Bellanova. Segno che, sotto sotto, l’ex premier non è affatto convinto della candidatura di Minniti.

 

Ma perché tanta diffidenza? Per due motivi, principalmente. Primo Renzi, ma soprattutto i renziani, temono che quando e se sarà alla guida del Partito non salvaguarderà più l’ala che fa riferimento all’ex segretario. Secondo motivo: Renzi (ma soprattutto una parte dei suoi) non pensa più che il Pd sia necessariamente l’unico soggetto protagonista di una possibile rimonta del centrosinistra contro i giallo-verdi. C’è una fetta del mondo che fa capo all’ex segretario che ritiene che occorra prepararsi a uscire dal Partito per tentare una nuova avventura. E tutti questi ragionamenti, queste titubanze, come è naturale, frenano gli entusiasmi di Minniti, che è assai guardingo nei confronti dei suoi compagni di viaggio.

  

O meglio, di alcuni suoi compagni di viaggio. Perché su altri, che lo stanno aiutando veramente, come Luca Lotti e Lorenzo Guerini, non ha nemmeno un dubbio, anzi. Se non altro perché l’ex ministro dell’Interno vede, come in realtà stanno vendendo in molti nel Pd, che Renzi comincia ad avere qualche motivo di tensione nei confronti di quanti dei suoi stanno aiutando Minniti. Tant’è vero che nel Partito democratico la frecciata all’indirizzo di Delrio contenuta nell’intervista dell’ex segretario al Foglio è stata interpretata in realtà come una stilettata rivolta proprio a Guerini e Lotti. Insomma, non potendo attaccare nessuno dei due, ma volendo farlo perché perplesso circa la loro determinazione a far eleggere Minniti, Renzi ha utilizzato la fiugura di Delrio per far avvivare comunque il messaggio a entrambi i suoi luogotenenti.

  

Nel frattempo dal fronte grillino sono arrivate delle offensive di simpatia verso una parte del Pd. Quella renziana, per esempio, che viene tuttora giudicata, almeno all’esterno del Pd, la più forte. Il messaggio, in sostanza, è sempre lo stesso: se il governo dovesse cadere per mano di Matteo Salvini o per implosione, prima della primavera delle elezioni europee, che farà il Partito democratico? Giocherà o no di sponda con i Cinque stelle? Finora però ai grillini sono giunte solo risposte contraddittorie.

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