Il Terzo Valico nel cassetto di Toninelli
Sparita l’analisi costi-benefici che promuove l’opera. Investimenti, dove siete?
Quando gli si chiede dell’analisi costi-benefici sul Terzo Valico, Edoardo Rixi si stringe nelle spalle. “Chiedete a Toninelli, è lui il ministro. E’ lui che deve averla ricevuta”, dice il sottosegretario ai Trasporti con un sorriso sardonico, e subito si defila. Tocca ai suoi colleghi liguri della Lega, poi, spiegare in modo esplicito ciò che Rixi ha solo sibillinamente accettato. Quell’analisi costi-benefici, in realtà, è già stata completata.
Il dossier, curato da Marco Ponti – già docente di Economia dei trasporti al Politecnico di Milano e assai stimato dal M5s, piemontese e non solo, per le sue mai nascoste tendenze No Tav – è arrivato sulla scrivania di Toninelli già a inizio novembre. Solo che poi dev’essere scivolato in qualche cassetto del ministro, tenuto rigorosamente sottochiave. E il motivo di tanta segretezza, a quanto si dice nei corridoi di Porta Pia, sta nel fatto che l’analisi promuove di fatto il Terzo Valico, riconoscendo in sostanza la necessità di un’opera che è peraltro realizzata per il 70 per cento.
Il progetto deve andare avanti, insomma: seppure con due possibili correzioni, dicono i tecnici leghisti, relative a due pendenze mal calcolate nel tratto genovese dell’opera. E però, a quasi un mese dalla conclusione dell’analisi, Toninelli non si pronuncia. E così, alla mancanza degli investimenti da stanziare nella manovra di bilancio, tutta incentrata su pensioni e reddito di cittadinanza, si somma anche il blocco degli investimenti che in realtà erano già stati previsti, e che ora vengono messi in discussione o congelati per motivi di pura convenienza politicistica: il M5s ligure ha infatti bisogno di tempo per elaborare la strategia comunicativa che possa giustificare l’ennesima abiura, dopo il Tap e il Muos. “Ah, il caro vecchio Terzo Valico. Siamo ancora in attesa di conoscere l’esito dell’analisi”, sorride, sfuggente, la leader grillina locale, Alice Salvatore. “Ma è tutta manfrina”, rispondono i leghisti. “Servono altre infrastrutture”, tuonava Matteo Salvini nei giorni scorsi. E aveva ragione. Se non fosse che però è proprio il governo di cui lui fa parte a osteggiare perfino quelle che già sono quasi ultimate.