La pacchia che non c'è per Veneto e Lombardia
Promesse irreali. Salvini sa che sull’autonomia si gioca tutto, ma può fare poco
Chissà che non faccia una brutta impressione anche a Luca Zaia e Attilio Fontana, vedere ridotte le loro regioni al ruolo di “genitore uno” e “genitore due”: ridotte, cioè, a puro pretesto per la polemica di giornata. “Domani porteremo la bozza sull’autonomia in consiglio dei ministri”, ha annunciato Salvini giovedì scorso. E che l’abbia fatto, più che altro, per depistare l’attenzione dei media e rendere meno indigesta ai ceti produttivi del nord est una manovra che aumenta le tasse alle imprese, è stato evidente al termine del vertice di governo, l’indomani: l’unico accordo sul tema, infatti, il governo lo ha trovato sul rinvio. “Tutto rimandato a metà febbraio”. Ennesimo rallentamento su una strada che Salvini prometteva sarebbe stata rapida, e che invece si sta rivelando assai accidentata.
E certo, molto contano le resistenze grilline: quelle del ministro del sud Barbara Lezzi e dei ribelli del Senato (da Paola Nugnes a Gregorio De Falco), quelle del premier Giuseppe Conte e di Luigi Di Maio (“l’autonomia del Veneto non deve danneggiare altre regioni”). Ma ancora di più contano le resistenze della realtà, i vincoli di bilancio. Il ministro per l’Autonomia, Erika Stefani, già a fine settembre, è stata costretta a riconoscere che l’idea iniziale di Zaia, quella di mantenere sul territorio il residuo fiscale dei nove decimi del gettito Irpef, Ires, e Iva, è infattibile. Si ragionerà nell’ottica dei costi standard (“non è sicuramente un obiettivo che si può raggiungere in pochi mesi. Occorrono anni”. ha ammesso la Stefani, quasi fosse un Toninelli qualsiasi di fronte al ponte di Genova), e comunque “a saldo zero”. Insomma, l’autonomia che verrà sarà un po’ come la “flat tax a più aliquote”: ben diversa da quella promessa. Sempre che, alla fine, la si faccia davvero, benché in forma ridotta. Salvini sa che proprio la prospettiva autonomista fa sì che il malcontento lombardo-veneto non esploda, ma sa anche che convincere Di Maio prima delle Europee sarà difficile. Più che altro, allora, quello dell’autonomia sembra essere un buon argomento da usare a tempo debito come pietra d’inciampo per l’esecutivo grilloleghista. Giorgetti, d’altronde, è stato chiaro: “O si fa, o il governo rischia”. Appunto.