Il sovranismo del chi se ne frega
Perché rifiutare gli eurofinanziamenti per la Tav è una sconfitta italiana
"L’analisi costi-benefici su Tav è stata decisa da un governo sovrano" tuìtta Danilo Toninelli a rinforzare il già di culto “chi se ne frega di andare a Lione”. Come tutti i pop-sovranisti, il ministro ha problemi nel distinguere la propria iniziativa della famosa commissione con il governo, che risponde al Parlamento, e lo stesso governo con lo stato.
Analisi costi benefici su #Tav è stata decisa da un Governo sovrano che vuole spendere al meglio i fondi pubblici. Ue stia tranquilla, tra pochi giorni avrà, come da accordi, tutta la documentazione
— Danilo Toninelli (@DaniloToninelli) 4 febbraio 2019
Nei trattati internazionali, quale quello sulla Tav, tra Italia, Francia e Unione europea, di sovrani ci sono solo gli stati, per questo non sarà né Toninelli né il “contratto del cambiamento” e neppure il governo, ma eventualmente il Parlamento a decidere. In caso di annullamento si rischia la restituzione di 1,2 miliardi di fondi europei e altri futuri finanziamenti comunitari del programma Connecting europe facility. Il Cef dipende da un’agenzia Ue, la Innovation and network executive agency (Inea) che ha una dotazione di 30,4 miliardi. Nel budget attuale 27,4 miliardi di fondi Cef andranno a infrastrutture tra paesi: 22,4 per trasporti, 4,7 per energia, 0,3 per telecomunicazioni. Ecco perché il sovranismo a 5s, che propaganda l’utilizzo di fondi statali ed europei “per la metropolitana torinese o la Tav Roma-Pescara e Roma-Matera” (Torino è in mano loro, in Abruzzo e Basilicata si vota per le regionali: strano no?), è uno sproposito che conferma l’assunto di Mario Draghi: si perde la sovranità dissipando soldi pubblici.
L’Inea però, presieduta dal belga Dirk Beckers, e che dal 2014 ha ereditato il piano di collegamenti Ten-T (nel quale la Torino-Lione è parte del Corridoio 5 da Spagna e Portogallo a Slovenia, Austria, Ungheria, con un’altra tratta di alta velocità Venezia-Lubiana), ha una fila di aspiranti alla ripartizione dei fondi lasciati dall’Italia che oltre a Francia e paesi iberici vedono Slovenia, Austria e Ungheria: gli “alleati” sovranisti dell’Italia. Non solo. La farsa italiana potrebbe lasciare spazio per il tratto alpino ad Alp Transit, l’Alta velocità svizzera Ginevra-San Gallo. In gran parte già realizzata, proseguirebbe per Austria e Germania isolando la Pianura padana. La Svizzera ha sottoposto questo progetto a referendum già nel 1992: per il sì votarono il 64 per cento degli elettori e 21 cantoni su 23. Ma chi se ne frega, direbbe Toninelli.