Di Maio, basta la parola
Il vicepremier non indica la politica economica, ma compone frasi fatte a caso
Mentre l’economia torna in recessione, e mentre le imprese e le famiglie, i risparmiatori nazionali e gli investitori internazionali si muovono in un contesto di forte incertezza, tutti cercano nelle parole di chi governa una qualche forma di rassicurazione. Non una formula che tranquillizzi, ma quantomeno un segnale che indichi la direzione verso cui il paese si sta muovendo e le idee che frullano in testa a chi tiene in mano il timone. E così da Wall Street (il tempio della finanza mondiale) il mondo scopre dal vicepresidente del Consiglio e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio (l’esponente più autorevole del governo italiano), che: “Condivido le preoccupazioni di Confindustria ma credo che con le esportazioni possiamo affrontare questo momento”. Insomma: “Solo l’export ci può salvare”.
A un investitore internazionale, ma anche a un osservatore un po’ attento – uno di quelli con la memoria migliore di un pesce rosso – sovviene alla mente che solo un mesetto fa lo stesso ministro Di Maio, presentando la “numero uno” del reddito di cittadinanza dichiarava che per far tornare la crescita “il miglior modo è sviluppare la domanda interna”, aggiungendo che “per troppo tempo abbiamo puntato sull’export”. L’esatto contrario. Secondo Di Maio, negli anni in cui l’economia mondiale tirava era sbagliato puntare sull’export, bisognava potenziare la domanda interna. Ora dice, con il commercio globale in frenata, che solo l’export ci può salvare. Però il suo governo ha fatto una manovra che consiste nel prendere in prestito soldi da distribuire a chi non lavora (reddito di cittadinanza e quota 100), cosa che ha fatto impennare lo spread riducendo la competitività delle imprese (su cui è aumentata la pressione fiscale). Non è che Di Maio abbia idee cattive o dica cose sbagliate. La verità è che non sa di cosa parla: possiede un campionario di formule e frasi fatte e le compone in un ordine casuale producendo discorsi dal significato incomprensibile. Lo spread, l’incertezza e la mancanza di fiducia da parte dei mercati e degli investitori dipendono anche da questo: governanti che non hanno il controllo della situazione e neppure delle loro parole.