Il cambiamento è l'immobilismo
Il guaio di un governo che trasforma la non scelta in una forma di credibilità
In che modo i risultati delle elezioni europee metteranno in discussione il precario equilibrio del governo è difficile da prevedere, ma sembra che a giugno arriverà il momento della verità per la coalizione gialloverde. Per capire basta considerare le voci secondo cui, dopo il voto, Giovanni Tria potrebbe lasciare a un leghista il ministero dell’Economia. Nel frattempo il ministro resta ostaggio, immobile, della campagna elettorale e come lui vari dossier. Lo dimostra la latitanza dell’esecutivo sul gasdotto Poseidon, tratto finale del più ampio East Med che approderebbe in Puglia, regione turbata dai casi Ilva e Tap e in cui il M5s è in crisi nera. Anche per questo, ieri, il sottosegretario M5s Davide Crippa ha detto di “guardare con interesse al progetto” ma “di volere attendere l’esito degli studi di fattibilità” prima di esprimersi. Posizione possibilista che non è piaciuta ai movimenti del No. Gli stessi che reputano insufficiente e strumentale anche la moratoria sulle trivelle, che rimanda lo stop – ammesso che ci sia – di diciotto mesi, dopo avere approvato un piano delle aree su cui ancora non sono stati ascoltati i vari portatori di interesse. Un gioco simile a quello della Tav, su cui il governo non è in grado di decidere e per questo continua a tenere aperta ogni possibilità. C’è il prestito ponte ad Alitalia, già prorogato “non oltre” il 30 giugno, e ci sono situazioni che sembrano dei bluff, come quello a carico dei pensionati che da giugno dovranno restituire parte del loro assegno per via del ricalcolo inserito nella legge di Bilancio. Un conguaglio in un’unica soluzione e con decorrenza retroattiva, nonostante i tagli siano in vigore da aprile. In attesa di scoprire le carte, la “strategia” è quella di mettere la polvere sotto al tappeto e aspettare che passi maggio. D’altra parte, solo un governo piantato nella realtà e non con la testa nella propaganda si assume la responsabilità di decidere sul futuro della Tav, delle trivelle, dei gasdotti. Lega e M5s, alleati in casa e avversari in Europa, non possono. Per questo la loro scelta obbligata è scegliere di non scegliere per non scontentare nessuno e non consegnare consensi all’alleato-avversario. Meglio l’immobilismo, per loro.