Non è la solita classifica sulla censura
Per il Consiglio d’Europa il M5s è una minaccia alla libertà di espressione
Non ci sono mai piaciute le classifiche sulla libertà di stampa. Un po’ perché la realtà ha spesso mostrato la loro scarsa attendibilità (proprio sicuri che il Ghana sia più libero dell’Italia?). Un po’ perché piacevano tanto al M5s che le utilizzava a suo piacimento per fare propaganda contro i giornalisti “servi del potere”. Erano quelli i tempi in cui i grillini si divertivano a dare lezioni di libertà dall’opposizione. Oggi che sono al governo, però, è tutto più difficile. Non fosse altro perché, come ha sottolineato ieri il Rapporto sulla libertà d’espressione nel 2018 redatto dal Consiglio d’Europa, la prima minaccia alla libertà della stampa, nel nostro paese, è proprio il M5s. “In Italia – si legge nel rapporto – il vicepremier e leader del Movimento 5 stelle ha chiesto alle aziende statali di bloccare la pubblicità sui quotidiani e ha annunciato piani per ‘una riduzione dei contributi pubblici indiretti ai media’”. Non solo, prosegue il documento, “nel novembre del 2018 ha pubblicato sui social un post contenente insulti verso i giornalisti e una richiesta di restrizioni legali nei confronti degli editori”.
Il riferimento è al post sui social del 10 novembre 2018 by Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista in cui si dà ai giornalisti di “sciacalli infami” e “pennivendoli”. Per il Consiglio d’Europa si tratta di forme di pressione equiparabili a quelle portate avanti dal governo turco che, in maniera meno sofisticata, chiude giornali, radio e reti tv. Il ragionamento è semplice: usare la leva del denaro pubblico, sia in forma di pubblicità delle partecipate sia in forma di finanziamenti diretti o indiretti, costituisce una pressione verso i media affinché siano ammansiti. Un delitto perfetto che, come dimostra il caso di Radio Radicale, viene compiuto senza bisogno di sporcarsi troppo le mani. Oggi è la Giornata mondiale della libertà di stampa. Sono passati quasi sei mesi da quei post delle due star grilline. E dagli insulti siamo passati ai colpi bassi.