Un altro schiaffo al nord produttivo
Dopo gli strepiti sull’Ema, i sovranisti snobbano l’Agenzia europea del Lavoro
L’occasione sfumata di portare a Milano la sede dell’Agenzia europea del farmaco (Ema) sembra non avere insegnato nulla ai due partiti che oggi governano l’Italia. Eppure, quando nel 2017 il discusso sorteggio dell’Unione europea ha portato l’Ema ad Amsterdam, Lega e M5s non avevano risparmiato critiche su come il governo Gentiloni in carica avesse gestito il dossier. Matteo Salvini aveva usato quell’occasione in chiave anti europeista, sostenendo che il rifiuto della candidatura di Milano fosse “l’ennesima dimostrazione che l’Europa non ama l’Italia”. Parafrasando Salvini, oggi si potrebbe dire che la scelta del governo gialloverde di non candidare Milano per ospitare la sede dell’Agenzia europea del Lavoro (Ela) sia l’ennesima dimostrazione che l’Italia non ama l’Europa, e nemmeno intende usarla a suo vantaggio quando è possibile. Oppure è la dimostrazione che questo governo non ama il suo paese, delle due l’una.
Secondo quanto ha scritto ieri il Sole 24 Ore, l’esecutivo ha infatti lasciato scadere i termini per inoltrare la domanda di candidatura per avere in Italia, a Milano, l’Agenzia europea del Lavoro. La candidatura era da inviare al Consiglio e alla Commissione europea entro il limite, fissato per il 6 maggio. Questo è avvenuto nonostante la volontà del Consiglio comunale di Milano che l’11 luglio 2018 aveva approvato una proposta in tal senso. Che il governo non abbia colto l’occasione per il diverso colore politico della giunta Sala è solo un’opzione. L’altra, peggiore, è il disinteresse. E che la linea sovranista sia una condanna all’isolamento. Un colpo anche in questo caso che ferisce – e non sarebbe la prima volta – il nord produttivo del paese, legato alle promesse tradite di crescita e sviluppo del Carroccio e del Capitano Salvini.
L'editoriale dell'elefantino