Matteo Renzi (foto LaPresse)

Tagliare i parlamentari? Renzi si sbaglia

Redazione

Una riforma populista sempre (osteggiata dal Pd) e che favorisce solo Salvini

La proposta sostenuta da Matteo Renzi di un governo appoggiato dai Cinque stelle e dal Pd ha come asse l’intesa sulla legge di riforma costituzionale che riduce di quasi il 40 per cento il numero dei parlamentari. Si tratta di una proposta che nasce nel clima anticasta e antiparlamentare agitato dal M5s contro la quale, va ricordato, il Pd e le formazioni minori di sinistra si erano opposte perché in quel modo sarebbero state strozzate le potenzialità di una rappresentanza piena anche delle formazioni minoritarie. A questo argomento del tutto fondato e di carattere istituzionale se ne può aggiungere ora un altro, di carattere più politico. Una rappresentanza più ristretta favorisce proprio, quando ci saranno le elezioni, e prima o poi ci saranno, la conquista di maggioranze strabordanti da parte di un centrodestra a trazione leghista.

 

Inoltre nell’elezione del presidente della Repubblica, con un numero di parlamentari minore, peserebbero di più le delegazioni regionali, e già oggi il centrodestra è al governo nel maggior numero di regioni, senza contare che tra l’autunno e la primavera si vota per il rinnovo delle regioni tradizionalmente “rosse”, con previsioni tutt’altro che rosee per la sinistra. Così il Pd, contraddicendo la sua scelta contraria ribadita nelle tre votazioni precedenti, appoggerebbe ora una riforma demagogica che non rimuove le cause delle lungaggini dell’iter parlamentare, che deriva dal bicameralismo perfetto, col risultato di favorire un’espansione della forza del sovranismo salviniano che si dice di voler combattere con una alleanza spuria con i Cinque stelle. La tendenza a capovolgere le decisioni, a prescindere dagli argomenti di merito per far sempre prevalere soltanto un presunto vantaggio tattico, di cui viene giustamente accusato da tempo Matteo Salvini, ora viene praticata con altrettanta e forse persino maggiore spregiudicatezza dall’altro Matteo, con l’effetto, peraltro, di destabilizzare il Pd portandolo sull’orlo di un’altra rovinosa scissione. Tutto questo per creare condizioni alla fine più favorevoli proprio per il “nemico principale”. Sembra si sia dimenticato l’abc della politica.

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