Il dilemma del buon senso sui porti chiusi
Il nuovo corso sui migranti: tenere la barra dritta tra buonismo e pragmatismo
I sostenitori dell’accoglienza dei migranti avevano salutato la fine dell’èra salviniana al Viminale pieni di aspettative per il nuovo corso del ministro dell’Interno del Conte bis, Luciana Lamorgese. Ex prefetto, tecnico estraneo agli schieramenti partitici, la veterana del Viminale è stata definita da molti osservatori come la nemesi del suo predecessore, Matteo Salvini. Martedì, il capo della Polizia di stato Franco Gabrielli ha detto che “sarà semplice parlare (con lei, ndr) perché è un collega che parla la mia stessa lingua”. Eppure, chi si aspettava il superamento immediato della politica dei “porti chiusi” è rimasto interdetto.
Lunedì sera, il primo atto ufficiale di Lamorgese è stato la notifica alla nave Alan Kurdi, dell’ong tedesca Sea-Eye, dell’interdizione delle acque territoriali in base al decreto sicurezza bis (alla fine, martedì, l’imbarcazione ha sbarcato i suoi 5 naufraghi tunisini a Malta dopo 10 giorni di stallo). In mare resta anche la Ocean Viking, l’altra nave di una ong con a bordo 84 migranti. Il comandante ha chiesto un porto sicuro a Malta e Italia ma finora non ha ricevuto risposta. Insomma, sembra che la politica migratoria dei rossogialli si inauguri all’insegna della continuità rispetto ai gialloverdi.
Forse però assistiamo a un cambio di paradigma: “Evitiamo l’ossessione degli slogan dei porti aperti e dei porti chiusi”, ha detto martedì il premier Giuseppe Conte al Senato. Salvare vite è un dovere morale, oltre che giuridico. Ma nella logica politica esiste anche quello di fare i conti con la realtà. L’Italia deve tenere la barra dritta tra l’accoglienza indiscriminata e la chiusura dei porti. Il rischio, altrimenti, sarebbe quello di rispondere a ideologia con altra ideologia, di contrapporre le chiacchiere buoniste alla viltà di chi si rifiuta di salvare vite. Su un tema sensibile alle speculazioni sovraniste come quello dell’immigrazione serve invece la logica del buon senso, quella che avevamo sperimentato con Marco Minniti al Viminale, quando davvero l’Italia aveva ottenuto risultati concreti. L’unica risposta responsabile che si può dare ai populisti è una politica pragmatica ed efficace (ed europea), che superi sia la logica del “dentro tutti” sia quella del “prima gli italiani”.