La propaganda maggioritaria della Lega
Il referendum proposto da cinque regioni è fuffa per la campagna elettorale
L’operazione annunciata da Matteo Salvini, che attraverso la richiesta di referendum avanzata da cinque consigli regionali vuole abolire la quota proporzionale nell’assegnazione dei seggi, è essenzialmente propagandistica. Sul piano pratico spetta alla Corte di cassazione valutare la legittimità e alla Corte costituzionale la ammissibilità del testo del referendum. Nel caso di una legge elettorale il referendum è necessariamente parziale, abroga cioè solo alcuni commi della legge elettorale vigente, e questo implica che, se ottenesse il quorum e la maggioranza dei voti, dovrebbe essere immediatamente applicabile, senza ulteriori interventi legislativi. La legge in vigore assegna due terzi dei seggi alle liste su base proporzionale, un terzo maggioritario a coalizioni che si presentano nelle varie regioni. Trasferire all’area maggioritaria tutto risulta complesso e l’esito che ne deriverebbe nel caso si trovasse un marchingegno capace di renderlo possibile, entrerebbe in conflitto con la decisione, già espressa dalla Consulta quando abrogò il maggioritario della legge elettorale precedente perché non conteneva un quorum minimo per assegnare il premio di maggioranza. Siccome il referendum proposto è di tipo abrogativo non può introdurre questa condizione e quindi suscita la stessa obiezione che la Consulta ha già fatto valere. Si può aggiungere che se, come pare abbia deciso la maggioranza, entro ottobre verrà approvata in via definitiva la riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari, sarebbe comunque necessaria una revisione dei collegi, che non può essere contemplata preventivamente dal referendum leghista. I dirigenti della Lega hanno avuto a che fare con questi problemi già in passato, anche come promotori di precedenti meccanismi elettorali, quindi sanno bene che l’operazione che hanno avviato si fermerà quasi subito, o alla Cassazione o alla Consulta. Puntano comunque ad avviarla, per poi strillare che si vuole impedire di decidere al popolo sovrano, e anche per aprire preventivamente un fuoco di sbarramento contro l’eventuale riforma proporzionale di cui si parla (per la verità con convinzione decrescente) nei partiti della maggioranza.
La legge elettorale è un sistema di garanzia che deve valere per tutti, per questo sarebbe meglio che fosse il risultato di un confronto parlamentare aperto e sereno. Nelle occasioni precedenti non è stato così, e forse anche per questo il meccanismo di voto in Italia muta tanto spesso. Ma almeno va definito seguendo le norme costituzionali, che non consentono manomissioni referendarie “creative”.