La svolta che serve a Salvini è sui nomi
Euro, Cina, Europa. Una classe dirigente non può parlare a titolo personale
L’intervista di Matteo Salvini al Foglio è una severa autocritica sul disastroso anno di governo della Lega. A partire dal reddito di cittadinanza (“tornando indietro non lo rifarei”), ma non solo. Sull’uscita dall’euro, costantemente minacciata dai responsabili economici del partito Claudio Borghi e Alberto Bagnai, tanto da provocare la costruzione di un cordone sanitario nei confronti della Lega, Salvini è perentorio: “Lo dico una volta per tutte, e poi spero che nessuno, dentro e fuori il mio partito, sollevi di nuovo questo tema. La Lega non ha in testa l’uscita dell’Italia dall’euro o dall’Unione europea. Lo dico ancora meglio: l’euro è irreversibile”. C’è poi la questione russa, che ha contribuito all’isolamento della Lega in Europa e al suo allontanamento dall’altra sponda dell’Atlantico, soprattutto dopo la trattativa al Metropol del suo ex portavoce Gianluca Savoini per ottenere un finanziamento illecito da Mosca: “Savoini non è un dirigente della Lega, lo conosco come una persona perbene. In generale, se qualcuno sbaglia paga, se è della Lega paga doppio, e se prende soldi viene cacciato, anzi lo prendo a calci nel sedere”. E infine la questione cinese, con la firma del memorandum sulla Via della seta, un dossier gestito dal sottosegretario leghista Michele Geraci, che ha causato una frattura con Washington: “Non sono onnipotente, qualcosa mi è sfuggito. Mi sono accorto, per esempio, che mentre io ero molto scettico sul memorandum d’intesa con la Cina, qualcun altro se ne faceva promotore a mia insaputa. S’impara anche dai propri errori. Ma chi mette in dubbio il mio atlantismo merita uno sberleffo”. Insomma, sulla Cina Geraci avrebbe agito in maniera autonoma e all’insaputa di Salvini, come peraltro avrebbe fatto Savoini in Russia. E Borghi e Bagnai sull’euro parlano a titolo personale. Pur volendo prendere per buoni i ripensamenti e le spiegazioni di Salvini, c’è da dire che quantomeno ha un problema nella scelta dei collaboratori. Affinché la svolta della Lega su Russia, Cina ed euro risulti credibile ci si aspetta anche un cambio nella classe dirigente.