Caro Salvini, non basta dire viva Israele
Per combattere l’antisemitismo tocca spegnere il ventilatore dell’estremismo
La riunione convocata da Matteo Salvini in Senato per dimostrare la sua ripulsa dell’antisemitismo è stata un utile tentativo di superare (o correggere) altri comportamenti confinanti con la xenofobia che è parente stretto dell’antisemitismo. Naturalmente l’accento è stato posto sull’antisemitismo antisraeliano, in cui oltre agli ayatollah che certo non possono essere definiti di sinistra si ritrovano gli estremisti che fischiano la Brigata ebraica alle manifestazioni della Resistenza e persino esponenti del Labour party mai censurati in modo definitivo da Jeremy Corbyn. La presidente del Senato, Elisabetta Casellati, ha giustamente espresso la convinzione “che questo rigurgito antisemita sia anche espressione di un più generale sentimento di intolleranza verso ogni diversità: di etnia, di genere, di fede religiosa o di opinione politica”. Ed è questo passo, quello della condanna delle campagne di odio che sono segnale di estremismo intollerante e che sono il brodo di cultura dell’antisemitismo, che ancora Salvini deve compiere davvero. Si tratta di un limite che va sottolineato non per negare la sincerità dell’opposizione all’antisemitismo della Lega, ma per invitare tutti a un ragionamento serio su dove stanno le radici del rinascente antisemitismo. Quando negli stadi si sentono urla indecenti, persino contro Anna Frank, si vede in modo evidente che il terreno su cui si possono innestare queste infamie è l’estremismo, persino quello “ultras” dei tifosi di calcio. Lo stesso, a maggior ragione vale per l’estremismo politico. Se Salvini vuole conquistare il centro, cioè l’anima moderata e razionale del paese, dovrebbe allontanarsi dagli slogan estremisti, dalle pose esasperate che confinano con campagne di denigrazione e persino di odio. Il passo compiuto è apprezzabile ma se Salvini vuole davvero combattere l’odio contro gli ebrei essere dalla parte di Israele è necessario ma non è sufficiente se prima non si decide di spegnere il ventilatore dell’estremismo.