il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, l'ambasciatore cinese a Roma, Li Junhua (foto LaPresse)

Che cosa c'è dietro il mistero della donazione cinese all'Italia

Giulia Pompili

Sul virus Di Maio trova un palcoscenico e ci si butta. E rischia di politicizzare l'unica cosa che non dovrebbe

Il pasticcio, come al solito, è stato Giggino Di Maio a combinarlo. Perché se è vero che siamo in “tempi di guerra”, siamo anche in un altro secolo, e la storia ci insegna quanto la comunicazione, soprattutto diplomatica, in momenti come questi sia importante.

  

Dopo essere stato il primo paese ad aver chiuso ai voli da e per la Cina, adesso siamo tornato il paese che più ama la Cina. Il balzo è stato possibile grazie alla propaganda di Pechino – che come sappiamo vuole vincere la guerra globale alla pandemia e uscirne rafforzata sul piano internazionale – con la complicità, consapevole o meno, del nostro ministro degli Esteri.

  

 

Due giorni fa c'è stata una telefonata tra Di Maio e il ministro degli Esteri cinese Wang Yi. Da giorni i media cinesi parlano delle aziende cinesi, ma soprattutto quelle dello Hubei , che devono ricominciare a produrre per venire incontro alla domanda che viene dall'estero. Export, insomma. Sia Wang Yi sia Di Maio fanno sapere tramite agenzie di stampa che l'Italia vuole comprare macchinari medicali, di cui ha urgente bisogno, tipo respiratori. E le mascherine, che già compravamo da Wuhan. Perfetto, dice Wang Yi, se serve vi mandiamo anche una squadra di esperti medici che hanno seguito qui l'epidemia.

  

La storia finisce qui, e l'abbiamo raccontata in questo articolo: i respiratori molto probabilmente verranno acquistati da Intesa San Paolo per la Protezione civile, la Farnesina ha fatto da tramite per accelerare. 

  

Parallelamente – e mentre il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano a SkyTg24 continuava a parlare di nuovi acquisti dalla Cina –  un altro accordo, indipendente, stava mettendosi in moto.

  

La Croce rossa italiana e quella cinese hanno da sempre ottimi rapporti. Tessuti anche dal presidente della Croce rossa italiana, che è anche presidente della Croce rossa internazionale, Francesco Rocca. Il 10 marzo scorso Rocca scrive alla controparte cinese, racconta la situazione in Italia, e Chen Zhu, presidente della Croce rossa cinese, risponde il 12 marzo – solo due giorni dopo: siamo pronti, arriviamo.  Funziona così, la Croce rossa, un network internazionale che ha sempre garantito indipendenza politica – erano gli unici al mondo a curare, durante la Guerra di Corea, i soldati del Nord e del Sud – in virtù di una missione: salvare le vite umane.

  

La Croce rossa cinese fa un grande gesto di solidarietà anche per ricambiare quelli compiuti dalla Croce rossa italiana in passato – per esempio dodici anni fa, dopo il terremoto nello Sichuan. La solidarietà, però, non è così lontana dalla politica, soprattutto a Pechino: il governo cinese ieri mattina mobilita un charter della China Eastern Airlines – che in teoria non potrebbe volare direttamente fino a Roma, eppure lo fa lo stesso perché, ci dice l'Enac, è un volo di “aiuti umanitari” e quindi “non rientra nella categoria esentata dal NOTAM emanato”. Siamo in tempo di guerra, no? Quindi ci sono gli aiuti umanitari. E però il messaggio, neanche troppo velato, da parte di Pechino è: avete bisogno di noi, non potete chiuderci.

  

Non solo: sin da ieri sera l'ambasciata cinese in Italia carica i social network e la comunicazione di enorme significato a quel volo. Una diretta streaming, come nemmeno lo sbarco sulla luna, viene effettuata da Fiumicino con l'ambasciatore  Li Junhua ad attendere. Ed è qui che il coinvolgimento di Di Maio si fa più serio: anche il nostro ministro degli Esteri lancia un messaggio su Facebook dicendo: ho delle importante comunicazioni da farvi, seguitemi! E poi la sua diretta non è altro che una diretta della diretta cinese da Fiumicino. Condivisa da tutti, compreso il profilo dell'ambasciata. I troll si mobilitano, si fanno girare immaginette e meme con la Cina che sorregge l'Italia, insomma un capolavoro di comunicazione.

  

Il lavoro del governo di Pechino è chiaro: sta cercando di spostare la narrativa sui suoi alleati – o i presunti tali: vi aiutiamo, siamo generosi, noi abbiamo sconfitto il virus e voi siete gli unici che aiutiamo perché siete nostri amici. Ma il lavoro di Di Maio qual è esattamente? Stamattina si è prestato a questo spot propagandistico presentandosi davanti alle telecamere seduto accanto all'ambasciatore cinese in Italia. Sui lati del tavolo, gli artefici del volo, e cioè Rocca e il capo della delegazione di medici cinesi arrivati in Italia.

  

Di Maio ha detto: “Ieri sera sono arrivate 31 tonnellate di materiali tra cui 40 ventilatori che salveranno la vita ai nostri concittadini e tante altre attrezzature. Nei giorni scorsi ho avuto una proficua conversazione con Wang e grazie a questa collaborazione siamo riusciti a ottenere non solo questo materiale in donazione ma stiamo riuscendo a ottenere anche altre attrezzature”.

  

E semplicemente non è vero, perché il materiale arrivato via aereo dalla Cina è della Croce rossa, ed è grazie alla Croce rossa che è arrivato fin qui. E non è neanche così tanto determinante, per la lotta su scala nazionale al coronavirus. Parliamo di un numero sufficiente di materiale per organizzare una trentina di posti letto di rianimazione, più sei defibrillatori, duecentomila mascherine. Attrezzature che sono utilissime per la Croce rossa italiana a cui sono destinate – il materiale per la rianimazione sarà consegnato dalla Croce rossa al ministero della Salute, il materiale scientifico inviato dalla Cina, il plasma degli infetti, per esempio, e la medicina tradizionale, sarà studiata dai nostri scienziati – ma se parliamo di grandi numeri non è così determinante.

  

In tempi di guerra, appunto, un ministero degli Esteri dovrebbe essere molto più attento a questo genere di comunicazione, e a promuovere la diplomazia di Pechino. Perché se è vero che la solidarietà è sempre apprezzata – soprattutto quando arriva da una istituzione prestigiosa e trasparente come la Croce rossa – d'altra parte i governi autoritari sanno benissimo come sfruttare l'emergenza. L'abbiamo visto in passato, molte volte. Politicizzare la Croce rossa, anche no.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.