Sarà che forse, a furia di lodare la liberalità della Cina, diventa difficile distinguere ciò che è democratico da ciò che non lo è; sarà, più banalmente, che erano tutti troppo preoccupati dall’annunciare la nuova mirabolante proposta per sconfiggere il virus (“Tagliamoci gli stipendi!”). Sta di fatto che nel M5s si sono dimenticati di condannare la svolta autoritaria di Viktor Orbán. Luigi Di Maio, che pure sarebbe ministro degli Esteri, ha applicato all’Ungheria la stessa teoria cui era ricorso quando gli si chiese un commento sulle repressioni delle proteste a Hong Kong del governo di Pechino, e dunque “meglio non interferire”. Vito Crimi, reggente per caso del M5s, è riuscito a produrre una nota sulla situazione ungherese senza citare la situazione ungherese. “Se c’è un momento nel quale non possiamo permetterci di dividerci, di lasciare che ciascun paese o popolo si chiuda in se stesso o si affidi a un uomo solo al comando, è esattamente questo”: come se insomma la sospensione della democrazia da parte di Orbán fosse un errore di tempismo. Ieri mattina, alla Camera, tutte le forze della maggioranza – Pd, Leu e Iv – hanno invocato la condanna europea nei confronti dell’Ungheria. Tutte, tranne il M5s, che in Aula non ha detto nulla al riguardo, come la Lega.
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