La regolazione del lockdown è stata relativamente facile. Anche se si è dovuto far ricorso a divieti mai visti in tempo di pace su scala nazionale si è trattato di imporre poche norme, chiare e generali, per quanto tagliate con l'accetta (e con molte autocertificazioni). Il mezzo lockdown, quello che si chiama fase 2, con le sue varie articolazioni (prima le fabbriche e da ultimo ristorazione e spettacoli), è una partita più complessa per il regolatore e le cose si complicano ulteriormente quando si vanno a toccare le più piccole e diffuse attività del commercio e dei servizi, insomma il tessuto della vita cittadina. Divieti, obblighi e controlli vanno ben commisurati, perché il rischio di esagerare e impedire, di fatto, l’attività commerciale è molto alto. E allo stesso tempo è rilevante anche il pericolo di attribuire troppo potere discrezionale agli agenti di polizia, con le conseguenze che si possono immaginare. Se ne perderebbe in termini di ricchezza e valore aggiunto, di qualità della vita e anche di sicurezza, e non ci sarebbe più un cuscinetto importante per il mercato del lavoro.
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