Siamo Bellanova o caporalato?
Il lavoro irregolare non riguarda solo “gli stranieri”. E c’è una legge da seguire
C’è una precisazione da fare, per uscire dagli insulti alle lacrime del ministro Teresa Bellanova – autrice del provvedimento per i lavoratori irregolari – ma anche dalla stretta di commenti oggettivamente reticenti di chi come Giorgia Meloni, perlomeno educata, si è sentita “sinceramente basita”. La precisazione riguarda il caporalato, reato parente dello schiavismo, reato universale dacché non colpisce solo “gli stranieri”. La ministra per le Politiche agricole ha detto che “da oggi possiamo dire che lo stato è più forte del caporalato”. Chi si è opposto con durezza – per rigurgito razzista o per ottica politica sovranista, e ci teniamo a distinguere le due cose – al provvedimento del governo dovrebbe tenere conto di due fattori. Il primo, che in un momento di emergenza sia sanitaria sia in agricoltura immettere nel lavoro persone controllate, e che senza regolarizzazione tenderebbero a divenire invisibili ma anche introvabili, è un aiuto responsabile. Il secondo, che il provvedimento agisce nel solco di una legge dello stato, la 199/16 entrata in vigore nel 2017 recante “disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero”. Una legge che sta permettendo, se non la soluzione, un miglioramento di una situazione di sfruttamento odiosa e diffusa, se è vero che dal 2017 i controlli per il contrasto al caporalato sono aumentati del 260 per cento, con migliaia di aziende vagliate (e ovviamente non tutte “colpevoli”), centinaia di denunce e persino un recupero, al 2019, di 30 milioni di contributi evasi. Significa anche contrasto alla concorrenza sleale nei confronti di imprese che rispettano le regole, e una restrizione dei margini di lucro per la criminalità organizzata. Va inoltre sottolineato che, al di là della retorica dei campi di pomodori, il fenomeno del lavoro agricolo sfruttato riguarda anche settori ritenuti di alta qualità, esiste ad esempio un “caporalato delle vigne” – un caso recente a Canelli, nel cuore dell’enologia piemontese, con una cooperativa che di fatto svolgeva caporalato – nonché altri settori, dal commercio ai servizi. Ogni provvedimento è perfettibile, ma non può essere attaccato tralasciando il quadro più ampio e le leggi in cui si inserisce. Stiamo con Bellanova o col caporalato?