Vittorio Colao (foto LaPresse)

Avercene di Colao

Redazione

Saper stare al proprio posto mettendosi al servizio del paese. Buon esempio

Guidare una task force con il compito di rinnovare qualcosa in Italia è un’esperienza terribile. La maggior parte delle volte si vive una parabola fatta inizialmente di esaltazione, e annesse interviste pensose, e poi trasformata nella fase discendente in delusione e rammarico. L’intervista ex post, a incarico ultimato, racconta con impressionante ripetitività, in qualche pagina interna del giornale, la solitudine del tecnico non ascoltato, le telefonate senza risposta, i progetti addormentati nei cassetti ministeriali. La storia, per dirne una, delle commissioni sulla spending review ha prodotto addirittura libri interi fatti di consigli non ascoltati, piccole enciclopedie del tecno-risentimento.

 

Vittorio Colao ha saputo schivare questa traiettoria. Ha evitato la parabola e si è posizionato su una più tranquilla retta ascendente. Ha lavorato su carte e documenti, tra fattive teleconferenze con un ampio e pluralista gruppo di suoi pari, tutti chiamati a scrivere il piano per ripartire e ricostruire. Non ha dato spunti per un altro classico negativo, quello dei dissidi interni alla commissione e ha lasciato correre quando i retroscena parlavano di una sua caduta in disgrazia presso Palazzo Chigi. Ha capito che non doveva inventare un paese nuovo (il solito vasto e grottesco programma di chi vuole rifare gli italiani), ma trovare come riavviare e rafforzare quello esistente. Senza indulgere nello schematismo della crisi che crea opportunità, ma, come ben detto ieri a Repubblica, trovando vari spunti per innestare le novità portate da questa situazione drammatica ed eccezionale tra le possibili soluzioni anche a mali antichi. Perché si viene fuori dal pantano epidemico con più digitale, più efficienza nello stato e meno diffidenza verso lo stato, più formazione, più intelligenza riformista, più responsabilità amministrativa. Tutto ciò è nelle carte che ora Colao passa al governo. E magari Giuseppe Conte e i suoi ministri ci troveranno davvero una bussola, anche perché ne hanno tremendamente bisogno. Ascoltato o inascoltato che sia, Colao, non ha mai assunto l’aria di chi crede che gli italiani non lo meritino. Perciò, detto non nannimorettianamente e con zero ironia, Colao cerchiamo di meritarcelo.

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