Con la sentenza di oggi, la Consulta ha messo nero su bianco il nulla giuridico che ammantava il primo decreto sicurezza. La norma che l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva voluto fortemente, quella che escludeva per i richiedenti asilo il diritto di residenza, era già ampiamente disapplicata da nord a sud dell’Italia. L’ex vicepremier si era sbracciato per un anno intero saltando da una piazza all’altra per convincere un paese in trance – quello gialloverde – che l’accoglienza era nociva e che invece il suo decreto era una rivoluzione capace di cambiare la vita a tutti, dalla casalinga di Voghera al disoccupato a caccia di redditi di cittadinanza. I sindaci si erano ribellati: la mancata iscrizione all’anagrafe non era solamente un orpello buono per la propaganda, ma, piuttosto, una privazione di diritti. Senza una carta d’identità non si ha accesso ai servizi sociali, al medico di base, a un lavoro regolare. Il ricorso alla Consulta, insomma, era inevitabile.
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