Il racconto polemico, la ricerca della magagna, sul bonus per le partite Iva ha improvvisamente cambiato di segno. Fino a domenica scorsa ci si indignava, con ricorrenti inchieste e testimonianze di delusi, per i soldi che non arrivavano. “Sto ancora aspettando i 600 euro” era la frequente lamentela del professionista tipo, riportata con speciale zelo dai giornali vicini all’opposizione. Improvvisamente lo scenario si è rovesciato. Cinque parlamentari, poi ridotti a tre, spifferati dall’Inps come destinatari del bonus hanno fatto sparire tutte le vicende di burocrazia e di lungaggini per spostare l’indignazione sulla loro stessa dabbenaggine o, a essere più critici, sulla loro scorretta scelta di richiedere comunque, pur avendo un reddito alto e garantito, il famoso sostegno. Allora passi un pochino di indignazione (ma non esagerata) e dopo però si riconosca che le regole del bonus per gli autonomi sono state scritte per fare in modo che ci fossero tempi veloci di istruttoria e di erogazione. Non era facile perché non esisteva nessuna legislazione precedente di riferimento. Quindi si trattava di inventare regole nuove cercando di limitare gli abusi ma evitando di dare potere di interdizione a questa o quella burocrazia. Per il resto ci si appellava alla saggezza e alla capacità di raziocinio, ma avvisando tutti, già nella prima fase, che i controlli successivi ci sarebbero stati, e da quei controlli (e non da oscure manovre per influenzare il voto referendario) sono emersi i parlamentari ed emergeranno altri fruitori inopportuni o ai quali imporre anche la restituzione.
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