Se ci si fidasse di Freud, si direbbe che, a modo suo, Pasquale Tridico s’è costituito. L’ha fatto alla fine della sua audizione in commissione Lavoro, alla Camera. Quando, esortato a chiarire se avesse comunicato le informazioni riservate sui parlamentari beneficiari del bonus, il presidente dell’Inps ha risposto che “no, non c’è stata informativa col ministero degli Esteri”. Che competente, sulla questione, non lo è per niente, se non per il fatto – e qui starebbe la confessione involontaria – che alla guida di quel ministero c’è il protettore politico di Tridico, quel Luigi Di Maio che lo ha piazzato alla guida dell’Istituto nazionale di previdenza e che da lui, evidentemente, si aspetta la debita riconoscenza. In ogni caso, anche stando alle sole cose che Tridico ha detto, e insomma lasciando stare il suo inconscio, c’è di che inquietarsi. Perché se, come Tridico dice, non c’è stata alcuna caccia al politico, non si capisce perché l’Inps abbia chiesto – è lo stesso Tridico a dichiararlo – i dati su amministratori locali e parlamentari al ministero dell’Interno e alla Camera dei deputati.
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