Misurare la febbre anche al centralismo
La vittoria del Piemonte sull’aggiunta di controlli a scuola è una buona notizia
Il presidente della giunta piemontese, Alberto Cirio, ha vinto il primo round nella contesa che lo contrappone al governo nazionale. Il tema è il controllo della temperatura per gli studenti, che il governo affida alle famiglie, mentre l’ordinanza piemontese impone un controllo all’entrata negli edifici scolastici. Si tratta di una misura aggiuntiva, ha deciso il Tar, che non annulla ma rafforza le precauzioni indicate dal governo, quindi non è censurabile. Il ministero, nel suo ricorso, aveva sostenuto che la misura aggiuntiva decisa dal Piemonte avrebbe ridotto le tutele sanitarie, ma questo è evidentemente contrario alla realtà dei fatti. Con questa motivazione il Tar non ha sospeso l’ordinanza piemontese, che resterà in vigore finché la questione non sarà discussa in Camera di consiglio, ma le argomentazioni di questa prima sentenza sembrano tali da poter reggere anche nelle fasi successive. Quello che non si capisce è perché il ministero della Salute abbia voluto opporre un veto, a quanto pare immotivato, a una misura che non implica alcuna manomissione dei criteri minimi di sicurezza, anzi li estende. Al fondo c’è un problema più ampio, l’eccesso di centralizzazione delle decisioni sanitarie, che è stato necessario in una fase precedente, ma che non può essere esteso senza limiti. Se il Piemonte è in grado (e bisognerà vedere se lo è davvero) di controllare la temperatura all’ingresso nelle scuole ha tutto il diritto di farlo anche se non lo ha deciso l’autorità centrale. Non si lede l’eguaglianza dei cittadini, non si determinano squilibri, non si discrimina nessuno (come forse accade con l’ordinanza della Sardegna sulla documentazione aggiuntiva richiesta per entrare nell’isola). Ritornare gradualmente alla normalità significa anche rinunciare agli eccessi, in questo caso di centralismo, quando non siano giustificati da ragioni sanitarie. L’omogeneità di trattamento su tutto il territorio nazionale non è un principio accettabile indipendentemente dalla fattispecie specifica: se generalizzato in modo cieco diventa centralismo inaccettabile, come tutte le estensioni eccessive e immotivate.