Iacopo Giannini/LaPresse

Editoriali

Lo show della parlamentarizzazione

Redazione

C’è del marcio nella conversione dei populisti alla democrazia rappresentativa

Matteo Salvini evoca un Parlamento che si assuma la responsabilità di approvare i progetti di riforma e i metodi di gestione innovativi che reputa necessari, naturalmente a sostegno di un governo di centrodestra. Beppe Grillo propone un accordo tra i “costruttori” di tutti i partiti, a sostegno di un (nuovo?) governo presieduto da Giuseppe Conte. Il leader leghista che ha chiesto lo scioglimento delle Camere e il ricorso a nuove elezioni praticamente tutti i giorni da quando ha sfiduciato il primo governo Conte, adesso si appella ai “responsabili”, che naturalmente, se dovessero tenere in piedi Conte, insulterebbe chiamandoli voltagabbana o peggio. Grillo, che aveva promesso di aprire il Parlamento come una scatola di tonno e che mandava sappiamo dove tutti gli altri partiti, ora cerca tra loro i “costruttori”.

 

  

 

E’ inutile sottolineare l’incoerenza e la strumentalità di queste dichiarazioni, mentre è di un certo interesse prendere atto che i populisti man mano che passa il tempo si convertono, almeno a parole, alla logica di una democrazia rappresentativa. Si dirà che sono solo parole, ma non è proprio così: la politica è fatta di parole, è su queste che si aggregano i consensi e si determinano i dissensi, e non è senza conseguenze uno spostamento di orizzonte verbale così radicale. Anche la strumentalità in fondo rivela una presa d’atto della realtà, dei rapporti di forza, delle esigenze particolari di una fase dominata dalla tragedia della pandemia. Il carattere fondamentale di quelli che chiamiamo populismi è il tentativo di trascurare la realtà per dipingere un mondo dominato da forze oscure, da complotti inconfessabili che bisogna sconfiggere attraverso una demistificazione che è in realtà la più radicale delle mistificazioni. Essere costretti a fare i conti con la realtà, a riconoscere il peso delle rappresentanze, insomma a sporcarsi le mani con la politica, per quanto in modo occasionale e propagandistico, finisce col modificare il messaggio di fondo che non potrà essere ripristinato nelle sue rozze forme originarie senza pagare un prezzo. Anche per questo si può guardare con interesse a questa evoluzione parlamentare, talora addirittura parlamentaristica, dei populisti nostrani.

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