Editoriali
L'autogolpe di Orlando
Così le élite hanno congiurato contro Conte per farlo diventare ministro
Prosegue la costruzione della teoria del complotto sulla caduta del governo Conte. Ad aver inaugurato il filone è stato Goffredo Bettini che nel manifesto di “Agorà”, la sua nuova area culturale nel Pd, sostiene che il governo Conte sarebbe caduto “per una convergenza di interessi nazionali e internazionali che non lo ritenevano sufficientemente disponibile ad assecondarli e dunque, per loro, inaffidabile”. Il guru della segreteria Zingaretti ha specificato poi che ci sarebbe stato un ruolo delle “tecnocrazie” e di “interessi precisi” come le grandi industrie. Sul tema, a supporto dell’intuizione di Bettini, è intervenuto il ministro del Lavoro Andrea Orlando, all’epoca vicesegretario del Pd: “Non credo ci sia stato un complotto, ma c’è stata sicuramente una ostilità diffusa delle élite di questo paese che vedono il populismo come un fatto accidentale e non come il frutto della deresponsabilizzazione progressiva delle classi dirigenti”.
Più che un complotto, si è trattato quindi di una congiura delle “élite” contro “l’Avvocato del popolo”. La faccenda si fa interessante, perché a livello internazionale l’unico cambiamento di rilievo è stato l’arrivo di Joe Biden al posto di Donald Trump (che aveva benedetto il governo di “Giuseppi”). Quindi è presumibile, stando al quadro concettuale di Bettini, che la convergenza tra interessi internazionali e nazionali sia stata quella tra i democratici americani e, come dice Orlando, l’“élite” italiana che insieme hanno preferito il “tecnocrate” Draghi all’Avvocato del popolo. La cosa interessante è che a questo complotto ha partecipato, ovviamente, il Pd che ora sostiene il nuovo governo. E uno dei massimi beneficiari della reazione sovversiva delle élite è proprio Andrea Orlando, che con Conte era fuori dal governo e con Draghi è diventato ministro. Chi è senza golpe scagli la prima pietra.