editoriali
La giusta linea dei sindaci sulla giustizia
Le proteste dell’Anci indicano al Pd come liberarsi dalla sudditanza al M5s
Oltre 600 sindaci hanno manifestato ieri a Roma per condividere e far conoscere le proposte che l’Anci, la loro associazione, intende presentare al governo e al Parlamento per modificare alcune norme che rendono difficile il lavoro di un primo cittadino, individuato come responsabile di qualsiasi cosa accada nel proprio comune. Mille rischi e zero tutele.
Tra le proposte, la modifica di alcuni punti della legge Severino che introdusse il vincolo di incandidabilità dei sindaci al Parlamento e la sospensione anche retroattiva per reati commessi nella Pubblica amministrazione, anche per responsabilità indiretta e con condanne non definitive.
Alla protesta, guidata dal numero uno dell’Anci Antonio Decaro, ha partecipato anche Stefania Bonaldi, sindaca di Crema, del Pd, che nei giorni scorsi è stata interrogata dai pm di Cremona: i magistrati le hanno notificato un avviso di chiusura indagini per lesioni colpose poiché nell’ottobre scorso in un asilo comunale un bambino si era schiacciato le dita in una porta di sicurezza.
E’ un esempio tra i molti. Il più clamoroso, quello di Chiara Appendino, sindaca 5s di Torino, condannata a un anno e sei mesi per la calca di piazza Castello del 2017: due morti tra i tifosi di Juventus-Real Madrid causati dalla “banda dello spray” che provocò panico per rubare. E al di là dei suoi demeriti amministrativi, è giusto anche citare il processo a Virginia Raggi, assolta in primo grado e in appello per la nomina, poi annullata, di un funzionario.
Forse è bene ricordare proprio le vicende di Raggi e Appendino, e i loro effetti politici e mediatici: i grillini, già alleati della magistratura giustizialista, si scoprirono garantisti; gli avversari e la stragrande maggioranza dei giornali, garantisti a parole, si dimostrarono manettari, pubblicando pure chat private. Oggi Matteo Salvini, giustizialista ai tempi di Renzi, cavalca i referendum sulla magistratura con i radicali. Chissà che anche Enrico Letta non trasformi il test sulla riforma della giustizia in un’occasione per emancipare il Pd dalla sudditanza al grillismo.