Alfondo Bonafede e Giuseppe Conte (foto LaPresse)

le reazioni

"Un bagno di sangue". Dopo la riforma della prescrizione i grillini processano i loro ministri

Redazione

Da Conte a Bonafede, passando per Dibba. Gli esponenti "contiani" del M5s bocciano il compromesso sulla giustizia. "Si valuti la permanenza nel governo Draghi". Domenica l'assemblea dei gruppi con Di Maio e gli altri

Il day after all'approvazione in Cdm della riforma del processo penale, per il M5s equivale all'esplosione definitiva del conflitto interno. Tutti contro tutti, o quasi. E così basta farsi un giro sulle agenzie, sui social, i siti di riferimento della galassia pentastellata per misurare la temperatura e capire quanto lo stato delle diverse anime del Movimento sia oramai prossimo all'ebollizione. La reazione più pesante, non tanto in termini di toni quanto di significato politico, è senz'altro quella dell'ex premier Giuseppe Conte. "Non canterei vittoria, non sono sorridente sulla prescrizione, siamo tornati all'anomalia italiana. Chi canta vittoria su questa soluzione non trova il mio consenso", ha detto sull'approvazione del testo proposto dalla ministra Cartabia. Per cui i Cinque stelle erano arrivati a minacciare l'astensione e che però speravano di potersi rivendere meglio quando il premier Draghi ha inserito le fattispecie di corruzione e concussione tra i reati gravi per cui è previsto un allungamento dei termini entro cui scatta l'improcedibilità. E invece no, oggi sui ministri grillini è calata una miscela di accuse e rimbrotti, polemiche e finanche retroscena. Del tipo: "Che ci stiamo a fare più in un governo del genere che smantella pezzo dopo pezzo tutta la nostra eredità?". Con la convocazione per domenica 11 luglio dell'assemblea dei gruppi di Camera e Senato su Zoom (ore 16 e 45) proprio sul tema giustizia, a cui prenderanno parte i ministri Di Maio, Patuanelli, Dadone e D'Inca e la sottosegretaria Macina. 

L'ex guardasigilli Alfonso Bonafede, il grande sconfitto dalla giornata di ieri, l'ha posta in termini prosaici. "Purtroppo ieri il M5s è stato drammaticamente uguale alle altre forze politiche nonostante fosse trapelata la volontà di un'astensione. Per ripartire, se si vuole veramente ripartire, bisogna avere la consapevolezza dei propri limiti: nell'unanimità improvvisata di ieri che ha visto tutti insieme a tutti, si è inevitabilmente e oggettivamente annacquata una battaglia durata dieci anni". Aggiungendo nel merito che "la norma votata ieri, a mio modesto parere, rischia di trasformarsi in una falcidia processuale che produce isole di impunità e che, comunque, allungherà i tempi dei processi". 

Parole pacate in confronto a quanto s'è lasciato scappare Alessandro DI Battista, che ufficialmente il Movimento Cinque stelle l'ha lasciato da mesi e che però, dalla Bolivia, non manca occasione per commentare i vari stravolgimenti che riguardano i grillini. "Il fallimento dell’ala governista del M5S è un dato di fatto e solo chi è ‘interessato’ al governo o chi ormai ha la carta intestata ministeriale davanti agli occhi non riesce ad ammetterlo. Mai vista una débâcle tale nella storia repubblicana", scrive Dibba nella sua rubrica su Tpi. “L’ultima settimana è stata un bagno di sangue. Salario minimo sparito dai radar, Berlusconi proposto al Quirinale senza che nessun esponente del Movimento osasse aprire bocca, cash-back prima cancellato e poi sospeso per la gioia dei grillini draghiani che non si rendono neppure conto di essere stati intortati. Ieri un pezzo della riforma sulla prescrizione è finita nell'oblio. Oltretutto lo stop alla prescrizione era una norma voluta da tutto il Movimento, presentata in campagna elettorale nel 2018 e che è costata la testa del ministro Bonafede. E i governisti, al posto di difendere una conquista, si calano le braghe facendo credere a questo punto che tale riforma fosse un capriccio dell'ex Guardasigilli e non la linea politica scelta negli ultimi 10 anni". 

E del resto che l'analisi dell'ex parlamentare romano prestato ai reportage dal Sudamerica accomuni un certo M5s lo provano alcune reazioni interne ai gruppi parlamentari. Con il senatore Gianluca Perilli che confessa come quella sulla prescrizione sia stata vissuta da tutti come "una ferita aperta" per cui dovrà aprirsi "una riflessione sul governo". E la deputata Giulia Sarti che lo dice ancora più a chiare lettere: "Non ci sono più le condizioni per la permanenza nel governo Draghi". 

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