Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

Editoriali

Talebani 5 stelle sulla Via della Seta

Redazione

E’ la sudditanza alla Cina dei grillini che li spinge a dare fiducia a Kabul

Con qualche giorno di colpevole ritardo, dalla confortevole cornice di Ravello, Giuseppe Conte ha finalmente rotto il suo imbarazzante silenzio sull’Afghanistan e lo ha fatto nel più rivelatore, dei modi: “Dobbiamo coltivare un serrato dialogo col nuovo regime, che appare, quantomeno a parole, da alcuni segnali che vanno tutti compresi, su un atteggiamento abbastanza distensivo”, ha detto prima aggiungere “non strumentalizzate le mie parole”. I segnali “distensivi” dei talebani li abbiamo sotto gli occhi; mentre l’insistenza sul carattere “distensivo” della loro presa di potere è, oltre che falsa, chiaro segnale di una ben strana vicinanza politica: non diremo con i tagliagole afghani, ma quantomeno alla potenza che sembra in procinto di diventare, secondo molti analisti, il loro nuovo padrino politico: la Cina.

Sarà un caso, ma Michele Geraci, economista d’area leghista, ma che era stato onnipotente sottosegretario del Mise guidato dal vicepremier Di Maio, e in quella veste gran tessitore della vicinanza del governo Conte I alla Via della Seta, ha twittato: “Le invasioni con le armi non funzionano. L’unica via è ‘invadere’ con investimenti e sviluppo. Quindi serve cooperare con la #Cina e #ViaDellaSeta. Difficile?”. Non una considerazione in astratto, stava proprio asserendo che l’Afghanistan farà ora parte di quella Via della Seta, e infatti aveva aggiunto gli hashtag: “#Afghanistan #Kabul”.

A chi gli ha ricordato che esistono anche i motivi “etici” degli studenti di Hong Kong e degli Uiguri, Geraci ha avuto l’impudenza di rispondere che quelli sono “temi di politica interna”. Prima c’erano stati i deliri dell’ex ministro grillino dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, secondo cui “il nuovo governo dei #talebani annuncia NO burqa SÌ istruzione per le donne”. Scrivevamo oggi che è in atto un grottesco tentativo di “grillizzare i talebani”. Ma c’è di più. La sudditanza alla Cina li ha portati a schierarsi dalla parte della “nuova” Kabul. Nonostante le piroette valoriali di Conte, la democrazia rimane un concetto estraneo alla ideologia grillina.

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