Editoriali
La legge di Bilancio cancella il 4 marzo
Correzioni positive, rotta che cambia ma alla manovra manca un’anima
La legge di Bilancio del governo Draghi manca di uno slancio coraggioso sulle tasse. Si è parlato, a inizio governo, di una grande riforma fiscale ma le risorse a disposizione sono poche (8 miliardi) e non è chiaro quali imposte andranno a ridurre. Se si può fare una manovra espansiva e l’obiettivo è sostenere la ripresa economica, il modo migliore di allocare le risorse è abbassare le tasse sui fattori produttivi. Il governo, invece, probabilmente per accontentare le varie componenti della maggioranza ha preferito distribuire la posta in maniera più omogenea tra le varie spese anziché concentrarla sul fisco.
Detto questo, nella legge di Bilancio messa a punto da Draghi e dal ministro Franco ci sono molti aspetti positivi. Non è una manovra per accontentare tutti, anche perché tutti sono in parte scontentati. Il governo interviene per abolire, correggere o modificare una serie di misure a cui i partiti di maggioranza erano molto affezionati. Viene abbandonata Quota 100, attraverso una soluzione come Quota 102 che concede poco a Lega e sindacati e converge verso i paletti della riforma Fornero. Viene corretto il Reddito di cittadinanza, in diverse sue storture a partire dalla “tassa occulta” del 100 per cento (ridotta all’80 per cento) che punisce i percettori che si guadagnano qualcosa con il lavoro. Viene rimodulato il Superbonus 110 per cento, un bonus sproporzionato, che viene nel tempo ridotto fino al 65 per cento, il livello comunque generoso dell’ecobonus tradizionale. Viene abolito il Cashback, un bonus molto costoso (3 miliardi l’anno) e regressivo, introdotto senza alcuna analisi costi-benefici. Viene messo un punto finale all’insostenibilità strutturale dell’Inpgi, la cassa dei giornalisti, con il passaggio all’Inps e evitando ulteriori soluzioni “creative”. In sostanza, l’eccezionalità di Draghi non sta nell’aver fatto la manovra ideale, ma nell’aver corretto tante storture approvate da questo Parlamento venuto fuori dalle elezioni del 4 marzo 2018. Non una legge di Bilancio perfetta, quindi, ma probabilmente la migliore possibile dati i vincoli politici.