Editoriali
Viva i sindaci che guadagnano di più
Gran sberla agli anticasta: Draghi aumenta gli stipendi dei primi cittadini
Ci sono politici che, finalmente, saranno pagati di più. Sono i sindaci delle grandi città, prossimi ad aumenti di stipendio degni di una super promozione. Per capirci, a Roma Roberto Gualtieri passerà da un lordo intorno agli 8.000 euro a qualcosa di più di 13.000 euro. Tutto, ovviamente, trasparentissimo e politicamente intestato all’intera maggioranza, perché la decisione è nella legge di Bilancio approvata ieri dal Consiglio dei ministri.
L’anticasta originaria, quella di stampo confindustriale che ispirò il noto libro, aveva messo proprio gli amministratori locali tra i percettori di redditi pubblici da additare come parassiti. L’astuzia fu quella di indicare le comunità montane e le province, strutture poco amate e realmente poco utili. Il rigore contabile ha fatto il resto. E da un bel po’ di tempo l’emolumento dei sindaci è rimasto bloccato. Figuriamoci nel clima politico solo di 3 o 4 anni fa chi avrebbe osato parlare di aumenti. Si andava avanti, piuttosto, sereni e frugali, dando a persone elette per guidare città con bilanci milionari, responsabilità spaventose, aziende controllate molto complesse, l’equivalente dello stipendio di un manager medio o di un funzionario. Diciamo, sempre per capirci, che a basse aspettative politiche e amministrative si accordava una bassa retribuzione. Paghi poco, prendi Raggi, per capirci, anche se l’emolumento era solo una componente della svalutazione generale dell’attività politica portata dalla ventata anticasta.
Ora, con le responsabilità maggiori portate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (affidato ai sindaci per più della metà delle spese), serve anche la spinta motivazionale dell’aumento di stipendio. In attesa che, già dalle prossime tornate, persone con capacità che altrimenti sarebbero apprezzate dal mercato, tornino a impegnarsi anche per l’amministrazione delle città.