30 anni dopo
Feltri chiede scusa per Mani pulite: è colpa mia. Ho usato il metodo della merda
"Tangentopoli fu come la strage degli innocenti. Se ripenso a quella fase mi imbarazzo. Mi scuso coi lettori se ho ecceduto nel menare le mani", dice oggi il giornalista di Libero, all'epoca tra i più grandi sponsor delle tesi del pool di Milano
Trent'anni dopo i fatti si osservano da un altro punto di vista. Quello che Vittorio Feltri racconta oggi su Libero scrivendo di Mani Pulite è il punto di vista di chi certe vicende non le ha solo seguite da vicino, ma le ha anche raccontate e oggi confessa come, e perché. "Alla vicenda di Chiesa i grandi quotidiani non diedero peso, sembrava una stupidaggine. Invece io ci inzuppai il biscotto, creando un caso. Poi intervistai Di Pietro, che mi fornì un quintale di materiale. E lo scandalo partì a razzo".
All’epoca dell'inchiesta, che scoppiò il 17 febbraio 1992, Feltri dirigeva L'Indipendente, piccolo quotidiano senza troppa gloria. "Per tentare di resuscitarlo", ricorda oggi dalle pagine di Libero, "adottai i consigli di un vecchio grande giornalista, Gaetano Afeltra, il quale mi disse: riempi la prima pagina di cronaca viva senza dimenticarti di spargere qua e là un po’ di merda (testuale). La ricetta funzionò". E funzionò a discapito di chi intanto veniva colpito dal fango.
"Il mio giornale andava a ruba e io godevo, non mi importava nulla del pressappochismo delle toghe", continua il direttore che ricorda di essersi sentito "invasato, eccitato". "Se ripenso alle mie imprese cartacee ora mi imbarazzo", scrive riferendosi ai soprannomi affibbiati a questo o quello, da Craxi "Cinghialone" a Martinazzoli "Cipresso" o "Lumino", a seconda dei giorni. "In realtà – confessa ancora Feltri – Mani Pulite fu come la strage degli innocenti, un sacco di uomini perbene furono fucilati da inchieste condotte col metodo 'un tanto al chilo'".
Pentito? "Solo un po’", dice Feltri, che oggi dopo trent'anni si scusa. "Mi scuso coi lettori se ho ecceduto nel menare le mani, ma ho qualche attenuante: mi prudevano".