Prospettive dem
Ora Franceschini crede nella svolta moderata di Salvini, con un occhio al proporzionale
Superate le fasi della casta, della rottamazione e del sovranismo, il ministro della Cultura vede le condizioni per un un’evoluzione del sistema politico nel segno di una reale alternanza: "Avremmo tutti da guadagnare da un avvicinamento al centro. Il leader del Carroccio si sta positivamente interrogando sul futuro"
Si muove tra l'oggi e la prospettiva, tra l'azione del governo Draghi e il sistema politico che maturerà di qui alle elezioni del 2023: Dario Franceschini guarda con ottimismo ai prossimi mesi, convinto che questo possa essere "l'anno della svolta" e, intervistato da Repubblica, traccia la rotta, individuando nei sommovimenti leghisti, nell'avvicinamento di Matteo Salvini verso posizione più moderate, un punto di svolta: "Il mio auspicio è che ci sia un riequilibrio. Avremmo tutti da guadagnare da un avvicinamento della Lega al centro, da una sua evoluzione in questa direzione", dice il ministro della Cultura in quota Pd e spiega: "Il centrodestra per molto tempo si è retto su un centro forte che viaggiava attorno al 30 per cento, cioè Forza Italia, e una destra marginale. Vedo che anche Salvini si sta positivamente interrogando sul futuro della Lega".
Uno scenario che dunque cambia, ragionamenti finalmente possibili perché, lascia intendere Franceschini pur senza citare i protagonisti (o i responsabili), le malattie che hanno afflitto la democrazia negli ultimi anni sono superati: "Fortunatamente ci siamo lasciati alle spalle le fasi della casta, della rottamazione e del sovranismo", sottolinea il ministro dem. E allora i tempi sono maturi per una fase nuova in cui alla politica si chiede "competenza ed esperienza". Ma soprattutto è lo scacchiere istituzionale di oggi che permette di guardare avanti con nuove ambizioni: "Ora abbiamo l'assetto migliore per dare queste risposte, con Matterella e Draghi".
E le risposte a cui fa riferimento Franceschini seguono due binari: "Da una parte c’è la qualità dell’azione di governo, necessaria proprio per affrontare quei problemi, e per questo avere Draghi al timone garantisce tutti. Dall’altro questo deve essere anche l’anno in cui favorire un’evoluzione del sistema politico. Mi spiego: in tutti i Paesi europei l’alternanza di forze diverse al potere avviene senza mettere in discussione le regole condivise o la collocazione internazionale. Da noi invece quasi mai è stato così: per molti anni non c’è stata una alternativa 'nel' sistema, ma 'di' sistema". E nonostante i problemi della politica italiana, il ministro ritiene comunque che quest'ultima legislatura, l'evoluzione dal governo gialloverde all'ex presidente della Bce, non sia frutto del caso ma di "un'azione operosa che ci ha portato fino qui".
Un movimento che il Pd deve continuare ad assecondare, a favorire, prescinendo da quale sarà la legge prossima legge elettorale: perchè se è vero che il proporzionale potrebbe favorire il nuovo riassestamento e "la formazione di un'area conservatrice moderata nel centrodestra", è vero pure che questo "percorso possa compiersi anche senza cambiare legge". E, quali che siano le regole, "finita questa fase, noi e la Lega resteremo sempre avversari nella battaglia politica", mette in chiaro l'esponente democratico, che dunque invita a guardare dall'altra parte in vista del 2023.
A partire dal Movimento 5 stelle, con cui "non c'è stata nessuna frattura" nonostante le tensioni sulla candidatura (bruciata a tempo di record) di Elisabetta Belloni sull'asse Conte-Salvini. Giorni, quelli del Quirinale, che hanno messo a dura prova i rapporti tra Pd e 5 stelle, mentre il segretario Letta ritrovava un certo feeling con Matteo Renzi, che intanto guarda a Toti e pensa al grande centro. Un'impostazione che tuttavia non trova il favore del responsabile della Cultura: "non credo alla rinascita di un centro trasversale. Penso invece che lo spazio del centro sia comunque dentro i rispettivi poli".