Il Pd è con Draghi: "Siamo noi il vero contrafforte del governo"
Dopo la sfuriata con i capidelegazione, i dem si sentono ancora più vicini al premier. Orlando: "A creare instabilità è chi pone ogni volta dei distinguo. Noi sosteniamo con convinzione il governo"
Sanno che questa è la loro vera forza: il Pd come l'ultimo contrafforte di Mario Draghi. Il premier che medita di sbattere la porta. Stanco delle liti parlamentari della sua maggioranza. "Non è pensabile che dopo aver trovato un accordo in Consiglio dei ministri, i partiti rimettano in discussione quelle intese. Così non va, e io non ci sto più. Questo governo non è nato per tirare a campare", ha detto ieri Draghi ai capidelegazioni riuniti a Palazzo Chigi. Dopo essersi consultato con il presidente Mattarella. Forse il minimo storico delle relazioni con le forze politiche. Di certo intorbidite dalla partita Quirinale, dove al capo dell'esecutivo qualcuno ha fatto credere qualcosa che poi non s'è concretizzato.
Fatto sta che la ripresa dell'attività del governo è stata ancor più caotica del solito. Prima l'unanimità sulla riforma del Csm rimetto in discussione in Parlamento, poi il saliscendi sulle concessioni balneari, dove la Lega di Matteo Salvini ha provato con ogni mezzo a ostruire l'accordo sul decreto liberalizzazioni. Adesso l'incidente notturno sul milleproroghe, con il governo che va sotto su quattro articoli di legge. "Basta, questo è troppo". Ragioni che hanno convinto il Partito democratico a profittare di questa finestra per ribadire se mai ce ne fosse bisogno il loro posizionamento: con Draghi senza se e senza ma.
Secondo Enrico Letta, infatti, per il Pd l'appartenenza a questo governo può produrre un "effetto Monti all'incontrario". Mentre nel triennio 2011-2013 stare con l'allora premier portò il Pd ad appiattirsi sul governo tecnico, e a perdere consensi, stavolta Draghi può essere un volano per i dem. Monti era grigio, Draghi è amato. Monti tagliava, era il premier della crisi. Draghi è, finora, il premier della ripartenza, del Pnrr e della possibilità di "fare debito buono". Questo è il ragionamento alla base delle convinzioni del segretario. Che per altro, in questa fase, non ha alcuna voglia di muovere le acque attorno a se, visto che si considera uscito vincitore dalla rielezione di Mattarella e tutt'intorno gli altri partiti (a eccezione di Fratelli d'Italia) appaiono in scomposizione. Per questo il mandato ai suoi è stato quello di fare da sponda alla linea di rigore invocata dal premier. Della serie: se Draghi ci chiede di fare un passo indietro lo faremo senz'altro. E' la ratio che ha ispirato l'intervento ieri del ministro del Lavoro Andrea Orlando. Secondo cui "a creare instabilità è chi pone ogni volta dei distinguo". Anche se poi ha annunciato che pure i dem cercheranno di calmare le acque, ritirando l'emendamento per bloccare il rifinanziamento dell'ex Ilva. Un modo per rendere plastico che, come ha ricordato il ministro ancora nella riunione di ieri pomeriggio, "noi sosteniamo con convinzione il governo".