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editoriali

Figliuolo (troppo) prodigo

Redazione

Commissario alla pandemia e capo del Comitato operativo di vertice interforze in piena crisi ucraina. Un po’ troppo?

Lunedì scorso, mentre il presidente russo Vladimir Putin annunciava il riconoscimento delle repubbliche separatiste del Donbas, il generale Francesco Paolo Figliuolo era a Firenze, in visita all’ospedale pediatrico Meyer in qualità di commissario straordinario all’emergenza pandemica.  Se da una parte si trattava di una visita del tutto consona al suo ruolo di coordinatore della risposta nazionale al Covid-19, lo era forse molto meno alla luce dell’altra fondamentale carica attualmente ricoperta dal generale, quella di comandante del Comando operativo di vertice interforze (Covi). Dallo scorso 19 gennaio il generale non si occupa più in via esclusiva degli aspetti logistici nella distribuzione dei vaccini, ma anche del coordinamento e della pianificazione delle operazioni militari, oltre che delle esercitazioni interforze nazionali e multinazionali. Un compito di prestigio – perché strettamente connesso a quello del capo di stato maggiore – reso ancora più gravoso dall’attuale situazione internazionale, in cui anche l’Italia è coinvolta direttamente in qualità di paese Nato operativo in Romania, Lettonia e nel Mediterraneo orientale.  

Mentre i paesi dell’Alleanza atlantica sono già impegnati a ripensare la collocazione di uomini e mezzi per rinforzare il fronte orientale d’Europa, sarebbe davvero grave se il doppio impegno ricoperto da Figliuolo dovesse rivelarsi un ostacolo per lo svolgimento dei compiti di coordinamento che i due ruoli richiedono. Pare che dal canto suo il generale non veda l’ora di “tornare a combattere” (Libero dixit). Una tesi confermata dalle parole che Figliuolo stesso ha rilasciato lunedì ai cronisti che gli chiedevano quale sarebbe stato il suo futuro dopo il 31 marzo, alla scadenza dello stato di emergenza: “Se vedete quello che sta succedendo oggi nel mondo penso che di cose da fare ne ho, perché da me dipendono tutte le forze nelle missioni operative, sia in Italia sia all’estero”. Ecco, l’accelerazione della crisi ucraina in questi giorni imporrebbe che anche il governo convergesse sulla stessa linea di Figliuolo.