Editoriali
I metodi putiniani di Di Stefano
Il sottosegretario agli Esteri attacca il Foglio per una domanda dimostrando la sua insofferenza nei confronti della libera stampa
Avrebbe potuto dire che il M5s era immaturo, che non lui aveva esperienza internazionale, che non capiva molto di geopolitica e che ora che è alla Farnesina ha finalmente un quadro più chiaro. Invece il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, rispondendo a una domanda su un nostro articolo che riportava le sue posizioni “più putiniane di Putin”, ha dichiarato ai microfoni di “Radio anch’io” che “il Foglio ha fatto della calunnia un mestiere”. Un’affermazione del genere, in bocca a un esponente del governo nei confronti di un giornale, è di per se grave. Ma nello specifico conferma, anzi rafforza, ciò che il Foglio aveva scritto. E’ la dimostrazione che Di Stefano del putinismo non condivide solo le idee rispetto alla crisi in Ucraina a partire dal 2014 – un “golpe dell’Ue e degli Usa”, la definiva nel 2016 intervenendo a Mosca al congresso del partito diVladimir Putin – ma anche l’insofferenza nei confronti della libera stampa. Insomma, Di Stefano è putianano nel merito e anche nel metodo.
Inoltre è evidente che il sottosegretario non ha idea di cosa sia una calunnia. Si tratta del reato commesso da chi incolpa di un reato una persona sapendola innocente. Il Foglio non ha accusato Di Stefano di alcun reato – essere stati filorussi o utili idioti di Putin, per quanto sia biasimevole, non è un reato – né tantomeno la nostra accusa è falsa, perché Di Stefano filorusso lo è stato eccome (d’altronde esistono innumerevoli evidenze documentali che lo dimostrano). Ma se il sottosegretario volesse colmare le sue lacune giuridiche, un esempio perfetto di cosa sia una calunnia è proprio la sua accusa al Foglio di fare “della calunnia un mestiere”. Questa sì, anche se forse non se ne rende conto, è una calunnia.
Bisogna avvertire gli sprovveduti come Di Stefano di fare attenzione perché la legge penale non ammette ignoranza (art. 5 cp), ma per sua fortuna lo salva l’immunità parlamentare (art. 68 cost.). Il sottosegretario può continuare a calunniare sentendosi tranquillo. Meno tranquilli dovrebbero essere gli italiani che si ritrovanouno come lui alla Farnesina.