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L'imbarazzo della sinistra Pd che non riesce a dire "Forza Macron"
Mentre Salvini è la cheerleader di Le Pen, e il segretario Letta sposa senza indugi la linea del presidente uscente, fa rumore la timidezza di Provenzano & Co sull'esito delle elezioni in Francia
Meno male che Enrico Letta c'è. Nessuno come il segretario del Pd ha espresso una posizione così chiara sulle elezioni in Francia. Reagendo, nell'immediato post-voto, con dichiarazioni di sostegno incondizionato in vista del ballottaggio tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen. "Sarà un confronto tra europeismo e nazionalismo. Noi tiferemo per l'europeismo, Putin per il nazionalismo", ha scritto ieri. Esplicitando ancor di più il suo pensiero quando, intervistato da Repubblica, il segretario dem ha chiarito che se dovesse vincere la leader del Rassemblement National "l'Europa sarebbe in frantumi". Elogio del rifiuto delle perifrasi. Una presa d'atto, un posizionamento cristallino, che seguono l'atteggiamento chiaro avuto sin dallo scoppio della guerra in Ucraina. Quando mentre tutt'attorno ci si invischiava con il né-né, lui procedeva dritto a spiegare che bisogna "fare di tutto per sostenere la resistenza ucraina". Anche a costo di mandare le armi. A tal punto di rischiare l'incidente con i Cinque stelle, che in preda alle convulsioni di Conte avevano fatto ballare il governo proprio sull'aumento delle spese militari.
Fatto sta che adesso, sulle faccende d'Oltralpe, il panorama è quello che segue: Salvini fa da cheerleader di Marine Le Pen, vi si congratula per "il successo", "l'amicizia", "la condivisione di idee". Meloni lo rintuzza e dice: "Non mi sento rappresentata da nessuno al ballottaggio". Conte? Le Pen nì. Nel senso che il M5s ha "una visione complessiva distante da quella" della leader sovranista, "perché stiamo parlando di una visione di una destra conservatrice", ha detto l'ex presidente del Consiglio a Non è l'Arena. Ma c'è un però. "Sicuramente siamo anche noi molto sensibili a dei temi che sono stati posti anche dalla Le Pen, per esempio sulla perdita di potere d’acquisto dei francesi e secondo me la crescita de la Le Pen negli ultimi sondaggi è dovuta al fatto che si è meno concentrata su un quadro internazionale, preferendo concentrarsi sul quadro interno, sulla sofferenza delle famiglie e delle imprese". Eccolo, il contismo situazionista applicato alla politica estera. E invece il Pd? Appunto, si affida alle parole nette del segretario Letta. Che però in questo caso servono anche a coprire il grande silenzio di una parte importante dei dem che mai direbbero "Forza Macron". Anzi, probabilmente, coltivando ambizioni di testimonianza, avranno nel frattempo guardato a quel 20 per cento e passa di Jean-Luc Melenchon, fortissimo tra i giovani, e avranno pensato: "Pas mal".
Così Beppe Provenzano, Andrea Orlando, Gianni Cuperlo, Matteo Orfini, tutta l'ala corrispondente alla correnti più a sinistra del Pd si è guardata bene dal commentare l'esito del primo turno delle presidenziali. Quasi provassero addosso l'imbarazzo di non saper dove posizionarsi. Cosa dire. Quale lettura provare a dare a fatti di così grande importanza politica. Nelle stesse ore il loro segretario pubblicava su questo giornale un lungo e articolato saggio in cui vengono passate in rassegna le priorità per la costruzione di una nuova Europa. Un Pd che, sulle rovine degli altri partiti, ha in questa fase ritrovato una strana unità, deve aver preferito ricacciare indietro i propri retropensieri e le proprie fisime. Ma fino a quanto potrà durare questo rifuto di esporsi?