Editoriali
Conte e lo scostamento dalla realtà. Draghi indica la via
L’irresponsabilità grillina nel chiedere nuovo deficit per fini elettorali mette a rischio la tenuta dell'economia italiana e del governo
Si sono attaccati all’inceneritore – un inceneritore che ancora non esiste, né si sa come sarà – perché l’altro randello propagandistico che s’apprestavano a brandire gli si era nel frattempo afflosciato tra le mani. “Scostamento, scostamento”: questo era il grido di battaglia di primavera lanciato da Giuseppe Conte. “Lo chiediamo da settimane, e riteniamo che ora non sia più rinviabile”, dichiarava l’ex premier a metà aprile. “Senza uno scostamento, ci dovremmo accontentare di interventi tampone”, insisteva poi nel corso di una riunione col comitato economico del M5s. E la parola doveva garbargli così tanto, così piacevole doveva sembrargli il suono, che a un certo punto era diventata una rivendicazione continua: “Scostamento”. Per cosa, nel dettaglio? “Scostamento”. Di che portata? “Scostamento”. Un po’ come il Peppiniello di “Miseria e nobiltà” che rispondeva sempre e solo “Vincenzo m’è padre a me”.
Poi Mario Draghi, insieme a Daniele Franco, ha dimostrato che la strada da percorrere era un’altra: utilizzare lo spazio fiscale già previsto nel Def, e aggiungervi i 6 miliardi di introiti derivanti dalla tassazione al 25 per cento degli extraprofitti delle imprese energetiche. Nel complesso, sommando altre rimodulazioni di spesa, si è arrivati a 14 miliardi. Destinati a interventi che perfino i sindacati, addirittura i compagni di Leu, hanno riconosciuto come adeguati all’emergenza. Ora, se si trattasse solo di tattica elettorale, poco male. Non avendo più nulla da esigere, Conte se l’è presa con un termovalorizzatore non da scostare ma da abbattere. Semmai, il rischio pare un altro: quello, cioè, che il capo grillino, e con lui anche Salvini e Meloni, non abbiano compreso che la fase degli scostamenti a ripetizione, del debito allegro prima ancora che buono, sia finita. C’è la guerra, c’è fibrillazione sui mercati, c’è una Bce che soffre la pressione dell’inflazione: non è più il tempo di far crescere la montagna del debito. E peraltro sarebbe finito anche quello di far accumulare montagne di monnezza nelle strade della capitale.