Editoriali
Il finto scandalo del dossier sui putiniani
Ne esce male la stampa, ne esce male certa politica, con l’eccezione del presidente del Copasir Adolfo Urso
Il finto scandalo della presunta “lista di proscrizione” stilata dai servizi segreti per silenziare i “dissidenti” che contestano la politica estera del governo Draghi definendoli “putiniani” si è già spento, sebbene sia durato molto più del necessario. Dopo la conferenza stampa del sottosegretario delegato alla sicurezza Franco Gabrielli, che ha desecretato il documento, tutto è rientrato nella sua giusta dimensione: non c’è stata alcuna attività di “dossieraggio”, ma si trattava di un semplice bollettino informativo raccolto da fonti aperte (in pratica una specie di rassegna stampa) che descriveva il fenomeno della disinformazione, facendo alcuni esempi.
Nessuna schedatura, nessuna messa all’indice, nessuna attività investigativa nei confronti di cittadini, accademici o parlamentari. Da questa vicenda il paese, nel suo insieme, ne esce maluccio.
Non fanno di certo bella figura i servizi, dato che ci sono agenti che passano documenti riservati ai giornali in una fase molto delicata.
Non ne esce bene la stampa, almeno una parte, che ha montato una polemica allucinata e completamente infondata paventando una sorta di stato di polizia “come nella Russia di Putin”.
Non ne esce bene certa politica, anche della maggioranza di governo, che come al solito ha alimentato la giostra.
Ci sono però delle eccezioni. Adolfo Urso, senatore di Fratelli d’Italia e presidente del Copasir, nella doppia veste di esponente dell’opposizione e di autorità che esercita il controllo parlamentare sull’operato dei servizi segreti, era nella posizione ideale per poter fare speculazione politica e aumentare la dose di veleni e sospetti contro il governo. E invece, sin dall’inizio, ha riportato la vicenda alla sua reale consistenza e difeso pubblicamente le istituzioni da una ridicola campagna scandalistica. Tra l’altro prendendosi anch’egli la sua buona quota di critiche e insinuazioni.
L'editoriale del direttore
La guerra mondiale non è “a pezzi”. Essere uniti contro chi minaccia con la forza le democrazie
La soluzione possibile