Il M5s insiste: "Ci vuole un voto per mandare armi a Kyiv". E su Di Maio: "Parole lesive della nostra credibilità"
Nel documento ratificato dal Consiglio nazionale il Movimento torna a chidere un passaggio formale in parlamento per i nuovi armamenti. Ancora stoccate al ministro degli Esteri: "Da parte sua discredito alla nostra linea politica. Ci aspettiamo smetta"
Dopo 18 interminabili ore di riunione, sono 12 i punti redatti dal M5s nell'ultimo Consiglio Nazionale. Quello convocato soprattutto per discutere di guerra in Ucraina e delle implicazioni che questa sta producendo nel nostro paese. Ma è soprattutto uno di questi a catturare l'attenzione. Quello in cui si specifica "di considerare non sufficiente, in base ai principi del nostro ordinamento democratico, il vaglio parlamentare che è stato effettuato in corrispondenza del c.d. “decreto Ucraina”, che risale ai giorni immediatamente successivi all’aggressione militare russa, e che non tiene conto dei mutamenti nel frattempo intercorsi e delle strategie che si stanno delineando anche a livello internazionale". In pratica, chiedendo un nuovo voto per eventuali nuovi invii di armi, come va ripetendo oramai da mesi Giuseppe Conte, le cui critiche minano costantemente la stabilità del governo.
Ma il documento rilasciato ieri era atteso anche per le parole che avrebbero potuto segnalare un provvedimento nei confronti del ministro Luigi Di Maio. E c'era chi si aspettava che pure da un testo del genere potessero passare dei segnali per capire se alla fine verrà espulso o meno dal M5s. "Quanto alle recenti dichiarazioni del ministro Luigi Di Maio riguardanti la linea di politica estera del Movimento 5 Stelle, rileva il Consiglio Nazionale che queste esternazioni distorcono le chiare posizioni assunte in questa sede il 16-17 maggio (e prima ancora dello scorso 26 aprile), e oggi integralmente ribadita, sempre all’unanimità", scrive il Consiglio nazionale. "In particolare, le dichiarazioni circa una presunta volontà del M5S di operare un “disallineamento” dell’Italia rispetto all’Alleanza euro-atlantica e rispetto all’Unione Europea sono inveritiere e irrispettose della linea di politica estera assunta da questo Consiglio Nazionale e dal Movimento, che mai ha posto in discussione la collocazione del nostro Paese nell’ambito di queste tradizionali alleanze. Queste dichiarazioni, unitamente a quelle che evocano un clima di incertezza e di allarme in materia di “sicurezza nazionale” e quindi di instabilità del nostro Paese, sono suscettibili di gettare grave discredito sull’intera comunità politica del M5S, senza fondamento alcuno".
Vi si ribadisce, insomma, la più completa lontananza dalle esternazioni del rappresentante M5s al governo Draghi. E ci si spinge pure a una forma di avvertimento. "Il Consiglio Nazionale, pertanto, confida che cessino queste esternazioni lesive dell’immagine e della credibilità dell’azione politica del Movimento 5 Stelle". Siamo agli albori di un "che fai mi cacci?" in salsa grillina?