editoriali
Grillo (per ora) conferma l'appoggio a Draghi. Conte è due volte dimezzato
L’asse tra il comico e il premier tiene. A farne le spese è il capo politico del M5s, già provato dalla scissione di Maio e l’esito striminzito delle amministrative
Beppe Grillo, alla fine, si è deciso a esercitare almeno un po’ il suo ruolo di “garante” del Movimento 5 stelle, incontrandosi con i parlamentari e alcuni dirigenti della formazione, dopo il trauma della scissione di Luigi Di Maio e di una frazione consistente dei gruppi parlamentari. Ci si sarebbe aspettati una difesa a tutto campo di Giuseppe Conte, col quale Grillo afferma di essere “perfettamente d’accordo”, ma in sostanza confermando l’appoggio al governo Draghi quasi senza condizioni il garante ha tolto a Conte l’arma ricattatoria della minaccia di sfiducia.
Far cadere il governo per l’inceneritore romano non ha senso per Grillo e questo seppellisce una battaglia identitaria sulla quale Conte si era impegnato personalmente. L’unico piccolo appiglio Grillo lo concede quando dice che si resta in maggioranza se si conta “qualcosa”, il che non sembra affatto un ultimatum. La sensazione che si ha è che Conte, dimezzato dal basso del ceto politico con la scissione e dall’elettorato per l’esito striminzito delle amministrative, ora venga dimezzato anche dall’alto, o per meglio dire secondo il lessico pentastellato, dall’elevato Grillo. Il compito affidato a Conte era proibitivo: avrebbe dovuto riformare il movimento coniugando le spinte anti politiche delle origini con le scelte ultragoverniste compiute nei fatti. Avendo come patrimonio solo l’esperienza e la popolarità di un ex premier, avrebbe dovuto operare un miracolo politico che naturalmente non si è concretizzato. E’ ingeneroso dare la colpa solo a lui, che pure ci ha messo del suo, se non c’è riuscito, ma a Grillo e al ceto politico conviene pensarla così anche per non affrontare le proprie responsabilità.