editoriali
Il talento di Mr. Calenda
Il patto con il Pd ha rafforzato il baricentro riformista del centrosinistra. Ben fatto
L’immagine prevalentemente tecnica, o addirittura tecnocratica, di Carlo Calenda ha indotto alleati e avversari a sottovalutare la sua interessante abilità politica, che invece è emersa in modo evidente nel piccolo capolavoro che ha realizzato nella trattativa con il Pd. Calenda aveva obiettivi chiari: un netto ancoraggio all’agenda Draghi e l’esclusione dall’accordo di chi non condivideva davvero questa prospettiva. Non ha posto pregiudiziali negative, ma attraverso i punti programmatici e la norma che esclude i leader dalla quota maggioritaria di fatto ha costretto le formazioni minori a una condizione subalterna.
Il primo a sottovalutare la forza politica di Mr Calenda probabilmente è stato Enrico Letta, che forse non si è reso conto immediatamente dell’effetto lacerante che avrebbe avuto l’accordo prioritario con Calenda sugli altri “cespugli” aspiranti a un ruolo all’ombra del Pd (o forse, suggerisce qualche osservatore malizioso, Letta ha usato Calenda per fare quello che un tessitore come Letta non avrebbe avuto la forza di fare). Anche il centrodestra, che denuncia una specie di sottomissione di Calenda al Pd, sbaglia l’analisi.
Come è evidente ora, e lo diventerà ancora di più nei prossimi giorni, non c’è stata una sottomissione: Calenda ha tenuto fermi i suoi punti programmatici e la sua idea di una coalizione coesa. Sottovalutarlo è un errore, sia per gli alleati sia per gli avversari. La forza di Calenda sta nel fatto che aveva la possibilità reale di presentarsi da solo, il che avrebbe però reso impossibile al Pd proporre una coalizione competitiva contro il centrodestra. Ha usato abilmente questa condizione e Letta non ha potuto far altro che prendere atto della situazione. I conteggi ipotetici dei seggi che la coalizione di centrosinistra guadagnerebbe con Calenda e perderebbe senza Verdi e postcomunisti non tengono conto dell’evoluzione che l’intesa Pd-Calenda ha impresso alla battaglia elettorale, ridando al centrosinistra una prospettiva di competitività che prima non aveva.