a milano
Scoppia il caso Fontana-Moratti, il centrodestra lombardo si è cacciato in un bel guaio
La vicepresidente sostiene che il governatore gli avrebbe promesso il passaggio di consegne al Pirellone. La Lega va all'attacco: "Ora si dimetta"
"Sono stata chiamata dal presidente Fontana in un momento difficile, ho accettato per responsabilità e amore per la mia regione, con l'impegno parallelo di un passaggio di testimone a fine legislatura". Con queste parole Letizia Moratti ieri ha riacceso le tensioni mai sopite nel centrodestra lombardo. Che per spirito di inerzia, in questi ultimi mesi, ha sospeso la conta interna. Ma vive una profonda aporia sulla contendibilità delle cariche di vertice. Com'è per l'appunto quella di governatore. Dove dal 2018 siede Attilio Fontana, che non ha mai nascosto di puntare al bis.
Solo che la partita regionali nella coalizione non è mai stata affrontata con l'intento di far quadrare ogni cosa, di collocare ogni pezzetto del puzzle al suo posto. Così in Lombardia, nel Lazio, si sta emulando lo schema che s'è visto, per esempio, in Sicilia, dove la ricandidatura di Nello Musumeci è stata scongiurata soltanto dopo un lento logorio interno. E alla fine si è virato su Renato Schifani, che ha poi vinto le elezioni.
In realtà, le ambizioni di leadership della Moratti sono note da mesi. L'ex sindaco di Milano non si è mai nascosta. Come ha ricordato sempre ieri, sulla base delle indicazioni di successione che le erano state date, "ho costruito una rete civica. La mia non è un’autocandidatura ma una disponibilità: è diverso". Una discesa in campo mite che ben si addice al personaggio, moderato, molto più del presidente Fontana. E che non potrebbe essere ricondotta all'alveo di Forza Italia perché, pur provenendo da quella storia, Moratti non ha tessere di partito.
Fatto sta che alle parole del suo vicepresidente, Fontana ha risposto con discreta fermezza. "Io non ho mai promesso niente, non si gioca con l’onorabilità delle persone. A questo punto chiarisca: o è con noi o contro di noi", ci ha tenuto a precisare. E infatti la Lega, per dare seguito alle parole del suo più importante esponente istituzionale in Regione, ha chiesto il passo indietro. Che insomma la Moratti restituisca la delega al Welfare e si dimetta. Non è detto che basterà a far rientrare la situazione. Soprattutto perché sempre la vicepresidente lombarda è impegnata in un'altra partita tutta interna alla coalizione di centrodestra: la scelta della nuova compagine di governo. Si è fatto il suo nome come possibile ministro della Salute. Salvini potrebbe pur sempre leggere la sua nomina come fumo negli occhi lanciatogli dagli alleati.