verso il congresso
La sinistra dem scopre le ambiguità di Conte. Ma per D'Alema è "indispensabile"
"Si dichiara progressista, ma mai di sinistra", dice Provenzano. E Bersani: "I problemi non si risolvono trovando il Mandrake di turno. I nostri temi non possono essere delegati ad altri". Opposta la lettura dell'ex premier: "Il Pd ha bisogno di lui". Domani la prima direzione del Partito democratico
Contrordine compagni e attenti a quel Giuseppe Conte: "C'è una tradizione da salvare". Alla vigilia della Direzione Pd, che domani inaugurerà la nuova fase democratica, quella della rifondazione - l'ennesima -, del "chi siamo e del cosa vogliamo essere", nella sinistra dem avanzano i dubbi sul leader grillino. Progressista? Più che mai. Ma guai a definirlo di sinistra: l'etichetta, il fu Avvocato del popolo l'ha sempre scansata, quasi fosse una colpa o un intralcio verso la risalita elettorale. E forse, considerati i risultati non aveva nemmeno tutti i torti. Ma a vederla da sinistra, appunto, la questione è adesso ben diversa.
Per qualcuno, Giuseppe Conte era considerato un "fortissimo punto di riferimento" - il copyright è di Nicola Zingaretti. Certamente erano altri tempi, ma pure allora si parlava, come sempre del resto, dei problemi di identità del Partito democratico. Solo che oggi a mettere in discussione la natura politica dell'ex premier sono quelli che fino a ieri dovevano essere i pontieri tra Pd e M5s. Giuseppe Provenzano lo dice chiaramente: "C’è una tradizione, un’ispirazione, quella della sinistra italiana, da salvare. Anzi bisogna farla vivere anche in un tempo nuovo, penso al Brasile di Lula, alla rivolta degli studenti in Iran, alla minaccia nucleare di Putin. Non possiamo regalare questo patrimonio a Conte e alle sue ambiguità", è l'avvertimento che il vicesegretario Pd recapita ai colleghi dalle pagine della Stampa, svelando la finzione grillina: "Lui si dichiara progressista, ma mai di sinistra e infatti mostra indifferenza rispetto al fatto che abbiamo il governo più a destra di sempre".
Ma d'altra parte, un tempo, Conte si era pure definito populista, posava con Salvini per sponsorizzare i decreti sicurezza. Qualche dubbio poteva venire, se anche il sociologo De Masi, che notoriamente guarda il mondo da sinistra e che del M5s non è certo un nemico, invitava l'avvocato di Volturara a "consolidare la sua fede di sinistra, che non è affatto scontata. Ci sono le basi, ma bisogna lavorare a una leadership veramente di sinistra".
Perplessità che ora arrivano fino al Nazareno, e anche nei d'intorni. E così Bersani, che non esclude un ritorno alle origini, nel caso in cui davvero il Pd riesca a reinventarsi in un "partito nuovo", si rivolge a chi cerca in Giuseppe Conte il nuovo leader della sinistra. "È un effetto ottico. I problemi non si risolvono così, trovando il Mandrake o la Mandrake di turno", dice l'ex segretario riconoscendo ai grillini la sensibilità per alcuni temi sociali. "Temi utili alla definizione di un campo progressista, ma che non toccano le strutture della uguaglianza da riprogettare: diritti e dignità del lavoro, fiscalità progressiva, welfare universalistico, politiche industriali e ambientali su cui da decenni la sinistra ha il know how e che non possono essere delegate ad altri". Come a dire, va bene il dialogo, vanno bene le alleanze, ma con ruoli, compiti e obiettivi di rapprsentanza ben definiti.
Un punto di vista diverso, sicuramente molto più sfumato rispetto a quello espresso da Massimo D'Alema, i cui buoni rapporti con Conte non sono certo un mistero. Il "vecchio comunista", come lui stesso si definisce parlando con il Fatto quotidiano, è molto duro con la dirigenza dem: "Mi chiedo persino dovre prendano il caffè la mattina", dice D'Alema per sottolineare lo scollamento con la realtà del Pd, la cui unica via a questo punto è riprendere la strada con i grillini. "Sono indispensabili", insiste D'Alema. E il motivo è presto detto: "Conte ha rifondato e ricollocato i grillini e il Pd ha bisogno di lui perché non intercetta più il voto popolare. Bisogna ricomporre il campo largo".